L'altro Schillaci: «Ero una promessa
del calcio, ora dormo nei treni»

Lunedì 14 Ottobre 2013
Maurizio Schillaci
MESSINA - Una storia commovente, proveniente dalla Sicilia. Il protagonista Maurizio Schillaci, il cugino di Tot, l'ex calciatore della Juve e della Nazionale di calcio, protagonista delle Notti Magiche nei Mondiali del 1990.

Maurizio era considerato un vero e proprio idolo nella sua terra, la Sicilia. C'era qualcuno che addirittura diceva che con la palla fosse più forte di suo cugino. Poi la droga, poi il declino che non gli ha permesso di condurre una carriera calcistica al top, nonostante le indubbie qualità.

«Dalle stelle al nulla, un declino veloce - si legge su siciliainformazioni.com - Fossi andato al Foggia, sarebbe stata la svolta: una volta mi proposero una combine e Zeman mi disse di rifiutare. Adesso dormo nei treni fermi alla stazione».



Maurizio Schillaci cresce calcisticamente nel settore giovanile del Palermo, poi arriva al Licata, fortemente voluto dall'allenatore Zeman: segna 22 gol in 66 match.

Firma con la Lazio, in serie B e quì inizia il suo calvario fisico: continui acciacchi e prestazioni sotto la media, tutto per colpa di un infortunio al tendine mal curato.



Si trasferisce al Messina, dove gioca insieme al cugino Totò, ma ancora guai fisici. La Juve Stabia decide di credere in lui e di fargli firmare un contratto.

Arriva la droga: prima cocaina, poi l'eroina. Perde gli amici, la moglie, il lavoro, la fama. Ora non ha una casa, non ha un pasto sicuro, la sua storia è una favola al contrario, un incubo ad occhi aperti.



«Tutti dicevano che ero più forte di Totò - commenta - Può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna. Il mio declino è stato velocissimo e ora mi ritrovo per strada. Non riesco a trovare lavoro, dormo nei treni fermi alla stazione. Ci sono altre persone con me, siamo un gruppo di 20 barboni. Con mio cugino Totò non ci sentiamo più. Ho lavorato nella sua scuola calcio per un periodo, ma per “travagghiare” là spendevo 300 mila lire e guadagnavo la stessa cifra. Ho deciso di mollare. Ed ero stanco delle chiacchiere della gente di quel guardarti storto di chi diceva: non porto mio figlio da chi si drogava. Ma l’eroina per me non esiste più. Ho toccato il fondo ma ora voglio risalire. Ogni tanto guardo i bambini giocare in mezzo alla strada. Li osservo e mi piacerebbe dare un calcio a quel pallone».
Ultimo aggiornamento: 23:16