Un'indagine nata dall'inchiesta che ha "smascherato" il sistema Mose

Sabato 29 Agosto 2015
Cercando il bandolo della matassa, per capire chi abbia preso l'iniziativa di far indagare sulla storia del tram, si fa una tappa nella sede di Avm, la municipalizzata della mobilità veneziana come indica il presidente di Pmv per questo piuttosto contrariato, ma poi si torna al via, e cioè al commissario prefettizio Vittorio Zappalorto e al direttore generale del Comune, Marco Agostini.
Perché è vero che materialmente è stata Avm a conferire l'incarico al commercialista Andrea Martin (nella sua qualità di presidente del gruppo anticorruzione della holding Avm), all'avvocato Domenico Giuri dello studio Mda e al professor Ferruccio Resta del Politecnico di Milano, che si sono avvalsi del contributo tecnico dei professori Roberto Corradi, Giorgio Diana e Pier Giorgio Malerba. Però Avm ha agito su incarico del commissario prefettizio e del direttore generale del Comune. E la data del conferimento dà uno spunto anche sulle motivazioni: luglio 2014, ossia il mese dopo che i pm veneziani, con una serie di arresti eccellenti, avevano fatto scoppiare il caso Mose, ed era nato il cosiddetto teorema Mantovani. Dato che l'impresa Mantovani è anche dentro all'Ati capitanata da Gemmo Impianti che si è aggiudicata l'appalto del tram, l'iniziativa sarebbe dunque stata presa in autotutela perché, nel caso i magistrati fossero andati a vedere pure la documentazione relativa alla tranvia, l'Amministrazione veneziana non si sarebbe fatta cogliere impreparata. Un'indagine, insomma, nata da finalità amministrative e tecniche.
Una volta ricevuta la relazione, come abbiamo anticipato giovedì, il commissario Zappalorto l'ha letta e l'ha trasmessa alla Corte dei conti.
Ecco, dunque, ricostruita la genesi e il percorso del dossier dal titolo "Analisi di congruità tecnica del progetto della tranvia Mestre - Venezia" che dallo scorso marzo è nelle mani dei magistrati contabili (e.t.)
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