Troppe pressioni, rivolta per le bonifiche

Sabato 1 Novembre 2014
La Multi Service è stata costretta a pagare 800mila euro come transazione per un danno ambientale che non ha mai provocato su un terreno di cui non ha mai posseduto nemmeno un metro quadrato. Ora che i vertici, assieme all'avvocato Cristiano Alessandri che da anni li difende, hanno letto sui giornali dell'inchiesta che vede indagate 26 persone tra le quali l'avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro e l'ex direttore generale del ministero dell'Ambiente Gianfranco Mascazzini per distrazione di fondi pubblici relativi alle bonifiche ambientali, hanno scritto una lettera all'Avvocatura distrettuale di Venezia e all'Autorità portuale annunciando che, tanto per cominciare, sospendono il pagamento delle rate da 62 mila e 500 euro l'una fino a che la situazione non verrà chiarita e, nel caso vengano confermate le ipotesi accusatorie e si arrivi a processo, si costituiranno come parte offesa per chiedere i danni. La vicenda della Multi Service è ancora più assurda di quelle vissute da Intermodale di Marghera, Fincantieri, Vega Parco Scientifico e San Marco Petroli, imprese che secondo l'accusa sono state danneggiate dalle pressioni effettuate dagli indagati ai fini di costringerle ad aderire alle cosiddette "transazioni ambientali". Perché Multi Service è una società terminalista che ha in concessione dall'Autorità portuale di Venezia (Apv), e quindi dallo Stato, una banchina e un relativo terreno nell'isola portuale di Marghera. Vale a dire che proprietario di quegli spazi è lo Stato e quindi, se c'è stato un inquinamento e non certo provocato da Multi Service ma da aziende che operavano prima di lei insediatasi dal 1997, avrebbe dovuto chiedere i soldi a se stesso in quanto appunto proprietario, o al limite all'Apv.
La stessa Autorità portuale, dopo che l'Avvocatura dello Stato per conto dei ministeri dell'Ambiente e dei Trasporti, aveva intentato causa contro Multi Service chiedendole in totale 10 milioni di euro di risarcimento danni ambientali, a novembre del 2007 scrisse una lettera proprio per chiarire che "nei provvedimenti di concessione non sono menzionati obblighi di bonifica a carico dei terminalisti né si fa cenno a risarcimenti per presunti danni ambientali" e, ancora, che "qualora dalla caratterizzazione dei suoli si accertasse la presenza di inquinamento, ne sarebbe chiamato a rispondere anche lo Stato in qualità di proprietario, in solido con la stessa Autorità portuale".
La lettera faceva seguito a vari incontri con l'Avvocatura e i Ministeri, e le cose sembravano essersi sistemate tanto che l'Apv consigliò a Multi Service di non presentarsi all'udienza del processo perché l'atto di citazione ormai era superato. Senza avvertire nemmeno l'Autorità, però, l'Avvocatura dello Stato cambiò orientamento e fece dichiarare l'impresa contumace. Il 25 ottobre del 2010 il presidente di Multi Service, Giorgio Lorenzato, arrivò persino a scrivere ai ministeri dell'Ambiente e dei Trasporti per spiegare la situazione e chiedere un loro intervento risolutivo, ossia l'archiviazione del procedimento. Anche perché, se l'impresa avesse dovuto pagare 10 milioni di euro, sarebbe sicuramente fallita, mettendo sul lastrico decine e decine di lavoratori.
La storia si protrasse ancora fino a dicembre 2011 quando l'avvocato Schiesaro inviò una bozza di accordo non negoziabile che prevedeva il versamento da parte di Multi Service di 800 mila euro. A quel punto l'Azienda, che si apprestava a fare investimenti importanti e non poteva permettersi di continuare la causa per altri dieci anni altrimenti avrebbe messo a repentaglio i rapporti con fornitori e clienti, a giugno 2012 decise di pagare, ottenendo la rateizzazione. Fino ad oggi ha versato 4 rate, oltre a 120 mila euro di spese di giudizio. Ora ha deciso che forse è arrivato il momento per chiedere giustizia.
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