SEGUE DALLA PRIMA

Sabato 23 Agosto 2014
..Da lungo tempo mi sono rassegnato: Venezia è là dove non sono io».
Così scriveva nel 1964 Jean Paul Sartre in "Venise, de ma fenêtre", citato e tradotto da Giuseppe de Riz nei Quaderni di Insula dell'aprile 2004: visione di una città irreale e segreta, quasi la città che in una realtà virtuale ci viene oggi proposta dalla patinata pubblicità televisiva della Mostra del Cinema. La Venezia virtuale che il mondo ammira sulle riviste di viaggi, la Venezia reale che il mondo assalta e che un manipolo di veneziani difende, talvolta anche dagli stessi concittadini. Il marketing a rovescio: l'eco dello scandalo Mose è stato un volano per l'incoming; il brutto tempo ha favorito l'afflusso dalle spiagge, tanto sono già in costume e sempre di acqua salata si tratta, la merenda è la stessa preparata per l'ombrellone, ci sono anche i venditori di merce contraffatta. Andiamo a Gardaland o a Venezia? Meglio Venezia, non si paga il biglietto di ingresso e poi non ci sono cartelli con le regole e i divieti come nei parchi divertimento.
Eppure il Regolamento di polizia urbana consta di 52 articoli, individua perfino le zone del Comune in cui sono consentiti i giochi con la palla, ne determina gli orari, li vieta ai ragazzi di età superiore ai dodici anni; vieta l'accaparramento di clienti ai camerieri, gondolieri, motoscafisti; vieta la tenuta balneare, vieta di nuotare o bagnarsi in tutti i rii e canali; nell'area marciana è vietato quasi tutto. Disciplina anche la circolazione dei “velocipedi”, vietandone l'uso “nelle zone del centro storico indicate dal comma 3”. L'ignoranza della legge non è scusabile, salvo che non sia inevitabile: come può immaginare il ciclista straniero che a Venezia è vietato il “velocipede” nelle zone del “comma 3”, quando a Piazzale Roma non c'è un cartello multilingue con le prescrizioni da rispettare nella città più fragile del mondo? Come può il turista immaginare che il panino lo può consumare soltanto seduto a un caffè di Piazza San Marco mentre in piedi è “proibito comunque sostare” per sorbire il cono gelato? Non occorrono ulteriori divieti ma occorre prima comunicare le regole da osservare nella città, per non avere poi imbarazzo o remore nel farle rispettare: quello che per un veneziano è scontato per un foresto è almeno inaspettato. Non grida manzoniane ma semplici cartelli in tutti gli accessi e nei punti nodali della città; volantini con chiare prescrizioni e limiti – anche riguardo ai venditori abusivi - da distribuire nei pullman turistici quando pagano il pass, nelle biglietterie di Vela, nei lancioni, da parte delle guide, al bar con il trancio di pizza o la bottiglietta d'acqua; avvisi nei vaporetti e negli autobus. Il turista va avvertito, in modo semplice ma deciso, che Venezia non è una meta ordinaria e facile ma un luogo delicato e complesso, in difficile e conflittuale equilibrio tra se stessa e la modernità, dove vivono cittadini veri e non comparse. Oggi “à la fenêtre” di internet e dei social network non è affacciato Sartre ma il mondo intero, che resta sbigottito dinanzi a visioni di una città apparentemente fuori controllo, quasi un porto franco per il turismo di massa. A malincuore e senza ipocrisia, dobbiamo ammettere ed accettare che Venezia è diventata di fatto una città turistica prima che capitale d'arte, di cultura, sede amministrativa. Il turismo non va quindi semplicemente incanalato nei flussi ma gestito con criteri e scelte prima manageriali e pragmatiche che politiche. Il 2014 si sta rivelando come l'anno di non ritorno per l'immagine nel mondo di Venezia e della sua classe dirigente; il 2015 sarà l'anno delle scelte.
Maria Laura Faccini

*Presidente Istituto

Santa Maria della Pietà

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