Paralisi in Comune, in 1500 al Lido

Giovedì 28 Agosto 2014
I più anziani dicono che era dal 1975 che non si vedeva una mobilitazione simile tra i dipendenti del Comune. Allora la protesta era finalizzata ad ottenere un salario onorevole, ieri i comunali sono sbarcati alla Mostra del cinema per difendere lo stipendio da tagli anche superiori a un quarto della busta paga. Il municipio era vuoto e si parla di un'astensione del 95 per cento dei dipendenti.
Al Lido non c'erano ovviamente tutti i 3mila lavoratori, ma erano comunque tanti. Saranno stati quasi 1.500 (per la polizia circa 600) tra vigili, operatori sociali, maestre d'asilo, addetti all'assistenza domiciliare e impiegati. Tutta gente poco avvezza ad impugnare bandiere e a scandire slogan, ma alla fine il risultato c'è stato eccome. A dare man forte ai comunali c'erano i dipendenti dell'Apt a rischio chiusura, delegazioni dei Centri sociali Morion e Rivolta, del Comitato No grandi navi e qualche esponente politico (Beppe Caccia, Davide Scano, Gigi Giordani, Sebastiano Bonzio e Chiara Puppini).
Molti i cartelli contro il commissario del tipo “Con Zappalorto lo stipendio è morto” e contro il direttore generale Marco Agostini, indicato dai comunali come un traditore. Mentre il corteo procedeva, una piccola delegazione incontrava il direttore della Segreteria del Quirinale, Carlo Guelfi. «Un incontro positivo – riferiscono – perché pur avendo premesso che il Capo dello Stato non può intervenire direttamente, ha condiviso la preoccupazione anche per i riflessi sulla città». All'incontro ristretto c'era anche il responsabile nazionale della Funzione pubblica di Cgil Federico Bozzanca. «Mi sembra – ha commentato – che ci sia stata la massima disponibilità a trovare una soluzione. È evidente però la necessità che il commissario faccia un passo in avanti e così pure del Governo, sulla falsariga di quanto è successo per Roma, dove i tagli sono stati scongiurati».
In mattinata, analoga soddisfazione aveva riservato loro il ministro dei Beni e attività culturali Dario Franceschini, assicurando che si sarebbe mosso presso il Governo e il commissario per sbloccare la situazione. Il corteo, scortato dalla polizia, si è fermato alla fine del cantiere occupato dallo scandaloso “buco” costato 37 milioni e, di fronte agli agenti in assetto antisommossa, quasi tutti si sono sdraiati a terra mentre un gruppetto di dodici veniva autorizzato ad andare con striscioni e fischietti davanti al red carpet per catturare l'attenzione di obiettivi e telecamere. Per l'occasione sono stati distribuiti comunicati in inglese, francese, tedesco spagnolo e sloveno.
Alle 18.10 il capo della Digos, Ezio Gaetano, ha detto che il tempo era scaduto e che il Capo dello Stato non sarebbe passato per il "red carpet". I dodici si sono così ritirati in buon ordine. Un gruppetto di dipendenti, tra cui alcune educatrici, è rimasto davanti al palazzo del Cinema in forma anonima e al momento opportuno ha srotolato uno striscione, per avere i riflettori ancora una volta puntati. Per un attimo, verso le 18.30, si è temuto uno scontro con la polizia, quando lo schieramento ha indossato i caschi di protezione. Poi i centri sociali hanno allentato la pressione e se ne sono andati anch'essi a suon di musica. Nel ripercorrere lungomare e gran Viale, il corteo ha bloccato gli autobus provocando un blocco di quasi un'ora e non pochi disagi.
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