La generazione Erasmus «Valeria, ora tocca a noi»

Mercoledì 25 Novembre 2015
Un ritratto a più voci. Un ideale abbraccio a più mani. Sono in tanti gli amici di Valeria a raccontarla dal palco. Belle facce di giovani appassionati che con la Vale avevano percorso tanta strada. E che tanta altra immaginavano di fare con questa amica dalla «grinta» speciale. E che ora, invece, si ritrovano in Piazza per l'ultimo saluto. É l'epitaffio più vero, forse il più triste. Eppure anche la tristezza scolora, in nome di questa giovane donna che doveva saper trasmettere una gioia di vita fuori dal comune. «Se ci avessi visto così tristi, ci avresti dato una "descantada"» racconta l'amica «di sempre», che ora, «per dare un senso alla tua scomparsa», le promette a nome di tutti di «vivere anche per lei, di essere persone migliori, di fare qualcosa di buono nei confronti delle vita che lei amava e viveva a pieno, dando tutta se stessa. Ciao Cocca». Una «sognatrice con i piedi per terra» la racconta un altro amico: «prorompente», «spigliata», «determinata», «forte, ma anche sensibile, che investiva e credeva ciecamente nell'amicizia, nel rispetto delle persone, nella convivenza pacifica».
Ma è Elena, l'amica d'infanzia, ritrovata negli anni dell'università e della professione comuni, a ripercorrere le tappe fondamentali della vita di Valeria. Fin da quando, bambine, si ritrovavano con le famiglie a Sant'Erasmo per le gite in bicicletta, le domeniche di primavera. «Io e te correvamo più veloci dei maschietti. "Cosa vuoi, sono bravi ragazzi - mi dicevi - ma sono fioi"». Uno spirito ironico che rimane nel tempo, anche quando Elena e Valeria si ritrovano a studiare sociologia a Trento. Sono gli anni dello studio, ma anche dell'impegno sociale e politico. «Ricordo una sera, in osteria, quando mi dissi: "Ho un problema. Io piaccio al potere". Quel potere che hai cercato di capire, di interpretare, di combattere». Poi arriva la laurea e la scelta del dopo. Valeria, come tanti altri giovani di queste generazioni cresciute ad Erasmus, che ormai sono cittadini d'Europa, non esita a partire per Parigi. Ma gli inizi sono duri, come lo sono per Elena, che ha scelto Milano. Ed ecco le «lunghissime telefonate via Skype sulle difficoltà di affrontare una metropoli, per noi ragazze di una piccola isola senza macchine» racconta Elena. «I francesi sono proprio senza speranza, mi dicevi, per avere un po' di contatto umano mi tocca stare con i barboni. Era l'ironia con cui sapevi stare al mondo. E poi le abbiamo conquistate queste grandi città, con tanto lavoro e tanta determinazione...». Una generazione, quella di Valeria, che ha imparato a stare in un mondo complicato, in continuo movimento. A «restare in equilibrio» dice Elena. Anche di recente Valeria si interrogava sul futuro. «"Ma tu sai che cosa vuoi fare da grande?" mi avevi chiesto - ricorda l'amica -. Io non so, ma so che voglio viverlo con la tua instancabile allegria».
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