Ci sono persone che lasciano il segno anche lontano da quelle cucine finte da studio

Venerdì 9 Gennaio 2015
Ci sono persone che lasciano il segno anche lontano da quelle cucine finte da studio televisivo, dove l'ingrediente migliore sembra oramai lo share televisivo: sono quelle donne e quegli uomini che nelle loro trattorie, nelle loro osterie, divenute magari nel tempo ristoranti, hanno saputo mantenere la genuinità del tempo e delle cose fatte bene e hanno avuto la cura di trasmetterlo ai loro figli. Alma Bortolussi, del ristorante "Alla Botte" di Portogruaro di proprietà del figlio Massimo Zanon, era una di queste persone, anzi, meglio, di queste donne che hanno saputo testimoniare, con una generosa vita in cucina, oltre cinquant'anni, cosa significa "far da magnar con la provvidenza", e che ci ha insegnato dove davvero abitano le ricette. Perché sia ben chiaro, non c'è chilometro zero che tenga, velleità moderna che vorrebbe imitare una saggezza antica. La cucina vera la fa sempre la provvidenza, con quel che ti fa trovare, vuoi per la stagione, vuoi per il tempo, vuoi per il colpo... provvidenziale, di un cacciatore, di un pescatore. Ma soprattutto per il colpo di creatività e genialità che trasforma quegli ingredienti semplici ma, provvidenziali e quindi ricchi, nelle materie prime straordinarie per una cucina straordinaria, allora in tempi di magra, ora in tempi di finzione alimentare. Alma Bortolussi, per Portogruaro, e non solo, per molti anni ha saputo rappresentare questa cucina materna, ancestrale, appresa dall'esperienza che viene da lontano, ma anche dalla continua voglia di sperimentare. Perché nel suo piccolo, la provvidenza è una grande suggeritrice di ricette! Ti devi arrangiare con quello che c'è, valorizzando e accostando i gusti della natura, sempre matrigna, anche in cucina, almeno in quella che ancora può chiamarsi davvero così. Primi piatti, secondi, dolci: tutto il menù, allora come oggi, per altro, nel tinello di mamma Alma, "Alla Botte", così come in molte altre cucine delle nostre campagne o della costa, non viene scritto a carta e penna, ma nel piatto stesso, con mestoli, assaggi, mani forti nella pasta, attenzione alla cottura. Con una sensibilità che si adatta di volta in volta all'ingrediente, sempre unico e speciale; ma soprattutto viene riscritto ogni giorno di nuovo e sempre diverso, perché la provvidenza, con i suoi ingredienti di giornata, dona valore al lavoro dell'uomo e riconosce il suo rispetto della natura, continuandone la creazione, quando trasforma la genuinità in "desco quotidiano" e non in pausa mensa. C'è molto da imparare da donne semplici come Alma Bortolussi ma grandi, come solo le madri sanno esserlo, anche in cucina. Da imparare hanno soprattutto i giovani cuochi per non aspirare a diventare solo chef patinati. Molto da imparare anche per coloro che vorrebbero sterilizzare tutto, in nome di una asettica e indefinita protezione del consumatore, magari facendo far carte, imbrigliando un menù in poche variazioni stereotipate, volendo dare, insomma norme alla provvidenza! Eppure, in questi momenti difficili - dove anche nei ristoranti il vociare si è fatto più sommesso e si sussurra appena, pregando di portare solo un primo o un secondo e si toglie, nel vero senso del termine, gusto alla vita così come ai piatti fattisi tutti uguali e tristi - rimangono, resistono ancora donne e uomini, ma per fortuna anche giovani volenterosi, che continuano a testimoniare la bontà, semplice e ricca ad un tempo, di questa antica cucina. Con la sola pretesa di fare davvero quello che sanno fare cioè “far da mangiare” e pertanto non possono che farlo al meglio. Basta con chi si atteggia a cultore dell'igiene alimentare o a contare forchette e coltelli in una blasonata guida culinaria. Fate da mangiare, tutto il resto è vanità! È il sussurro di questi grandi cuochi semplici, che portano in cuore solo il grande sogno di far felici i propri avventori. A loro dobbiamo grande riconoscenza, se non altro perché testimoniano questa meravigliosa storia dell'uomo che è la cucina della provvidenza: il loro lavoro è un invito a tornare ad essa. Sarebbe per tutti un gesto di umiltà, che ci farebbe riscoprire i grandi valori che hanno fatto grande questo territorio, col sudore del lavoro, con i profumi del tinello, seduti a conversare davanti ad un semplice piatto fatto di provvidenza ed amore per le piccole grandi cose della nostra madre terra.
Francesco Antonich

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