«Mi hanno telefonato. "Vieni su", mi hanno detto, "Chiara ha fatto un'embolia polmonare"». Parla il padre di Chiara, Gianni Pierobon, mentre con la sua auto sta raggiungendo la Germania. É partito subito con la moglie Federica, mamma di Chiara, caricando poche cose in fretta in valigia. Neanche il tempo di arrivare a Trento e giunge un'altra telefonata: «Chiara è morta, non ce l'ha fatta».
Esattamente un anno fa Chiara Pierobon, che correva da professionista con la GS Top Girls Fassa Bortolo di Spresiano (Treviso), sognava la maglia azzurra. E l'altro giorno la maglia azzurra era arrivata. Le convocazioni per la Nazionale femminile under 23 pubblicate sulla sua pagina Facebook marchiano le 14.49 di ieri, sabato 1 agosto, tempo qualche ora e Chiara sarebbe spirata. «Era il suo sogno - dice il padre - quella maglia l'aveva sempre inseguita, l'avrebbe messa domenica prossima. Ha sempre inseguito i suoi sogni, ma ora non li ha potuti realizzare». Un tragico scherzo del destino. «L'avevo sentita ieri mattina alle otto e mezza - riprende il padre -, Stava bene. Il giorno prima aveva anche fatto il dietro macchina, poi oggi...». Gianni Pierobon trattiene le lacrime e non ce la fa a continuare.
La zia paterna di Chiara, davanti casa dell'atleta, è a pezzi. «Non è giusto - dice - il Signore non doveva prendersela. Non si può morire così a 22 anni. Me la ricordo quando era piccola, quando la coccolavo, la portavo a spasso. E adesso non c'è più. Ho sentito mio fratello prima urlare perché Chiara non c'è l'ha fatta». Arrivano in tanti davanti casa di Chiara. Chi in auto, chi in bici: tutti si sono subito precipitati per sapere se quella tragica notizia fosse vera. Ed era vera. Tremendamente vera.
«Aveva una grinta e una dolcezza disarmanti, Chiara». Giulia Moro la conosceva da quando avevano sei anni: «Voglio ricordati così, come quella ragazza che spronava un po' tutte a dare il meglio. Eri un esempio da seguire in sella a quella bici. Mi hai insegnato tanto, fin da quando eravamo piccole: i trucchetti, come prendere le volate, ma soprattutto mi hai insegnato a crescere. Ogni volta che arrivavamo a una gara le avversarie avevano paura perché sapevano che la vittoria era la nostra».
Era brava Chiara, andava forte, talmente forte da allenarsi a volte con gli uomini. «Ha fatto molti risultati - dice Giulia - da giovanissima, ogni domenica, la vittoria era la sua. Batteva anche i maschi arrivando prima assoluta. Non mollava mai». «Voglio continuare con il ciclismo fino a quando c'è la passione e poi voglio finire gli studi» aveva detto Chiara l'anno scorso, prima di partire per il Giro d'Italia femminile a luglio. Era iscritta alla facoltà di Lingue occidentali dell'Università Ca' Foscari. Oltre a mamma Federica e papà Gianni, lascia Matteo, il fratellino di appena 11 anni. «Ciao Chiara - scrive la sua amica su Facebook -. Insegna a tutti da lassù come si pedala».
© riproduzione riservata
Esattamente un anno fa Chiara Pierobon, che correva da professionista con la GS Top Girls Fassa Bortolo di Spresiano (Treviso), sognava la maglia azzurra. E l'altro giorno la maglia azzurra era arrivata. Le convocazioni per la Nazionale femminile under 23 pubblicate sulla sua pagina Facebook marchiano le 14.49 di ieri, sabato 1 agosto, tempo qualche ora e Chiara sarebbe spirata. «Era il suo sogno - dice il padre - quella maglia l'aveva sempre inseguita, l'avrebbe messa domenica prossima. Ha sempre inseguito i suoi sogni, ma ora non li ha potuti realizzare». Un tragico scherzo del destino. «L'avevo sentita ieri mattina alle otto e mezza - riprende il padre -, Stava bene. Il giorno prima aveva anche fatto il dietro macchina, poi oggi...». Gianni Pierobon trattiene le lacrime e non ce la fa a continuare.
La zia paterna di Chiara, davanti casa dell'atleta, è a pezzi. «Non è giusto - dice - il Signore non doveva prendersela. Non si può morire così a 22 anni. Me la ricordo quando era piccola, quando la coccolavo, la portavo a spasso. E adesso non c'è più. Ho sentito mio fratello prima urlare perché Chiara non c'è l'ha fatta». Arrivano in tanti davanti casa di Chiara. Chi in auto, chi in bici: tutti si sono subito precipitati per sapere se quella tragica notizia fosse vera. Ed era vera. Tremendamente vera.
«Aveva una grinta e una dolcezza disarmanti, Chiara». Giulia Moro la conosceva da quando avevano sei anni: «Voglio ricordati così, come quella ragazza che spronava un po' tutte a dare il meglio. Eri un esempio da seguire in sella a quella bici. Mi hai insegnato tanto, fin da quando eravamo piccole: i trucchetti, come prendere le volate, ma soprattutto mi hai insegnato a crescere. Ogni volta che arrivavamo a una gara le avversarie avevano paura perché sapevano che la vittoria era la nostra».
Era brava Chiara, andava forte, talmente forte da allenarsi a volte con gli uomini. «Ha fatto molti risultati - dice Giulia - da giovanissima, ogni domenica, la vittoria era la sua. Batteva anche i maschi arrivando prima assoluta. Non mollava mai». «Voglio continuare con il ciclismo fino a quando c'è la passione e poi voglio finire gli studi» aveva detto Chiara l'anno scorso, prima di partire per il Giro d'Italia femminile a luglio. Era iscritta alla facoltà di Lingue occidentali dell'Università Ca' Foscari. Oltre a mamma Federica e papà Gianni, lascia Matteo, il fratellino di appena 11 anni. «Ciao Chiara - scrive la sua amica su Facebook -. Insegna a tutti da lassù come si pedala».
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