«Sociale, missione (quasi) impossibile»

Sabato 26 Luglio 2014
Portato a casa il bilancio, il sindaco Furio Honsell guarda oltre: la boccata d'ossigeno ottenuta in extremis dalla Regione con 3 milioni «permette di rimodulare la politica fiscale in senso più equo e di dare al Comune strumenti per sostenere con maggior forza i cittadini in tempo di crisi». Non può sfuggire a un logico come lui che per «cambiare verso» servirebbe lo sblocco degli investimenti paralizzati dal patto di stabilità: «Due anni fa eravamo a 25 milioni di lavori pubblici e quest'anno saremmo felici di arrivare a 15. Il patto impedisce di fare mutui e di spendere i soldi già incamerati, pur con strade e marciapiedi da sistemare e altri lavori pubblici che sarebbero cantierabili subito».
Il contributo regionale vi ha permesso di abbattere la Tasi.
«Ma anche di istituire un fondo anticrisi da mezzo milione e un fondo per l'emergenza abitativa d'intesa con Tribunale e Prefettura, cui destineremo 150mila euro, e di rimpinguare il fondo di riserva. Il nostro bilancio era pronto due mesi fa, ma questi fondi, che avremo concretamente a disposizione solo il prossimo anno, ci danno margine per arginare le storture di un sistema che costringe gli enti locali all'esercizio provvisorio fino a luglio».
Si poteva fare diversamente?
«Abbiamo un campione di 5mila residenti su cui testiamo l'impatto delle politiche fiscali: a questo ci ha costretto chi ha eliminato l'Ici, che era un meccanismo collaudato, per poi dar vita a una selva oscura di norme sempre più astruse e inique che trattano allo stesso modo gli abbienti e i fragili. Per questo il problema centrale oggi per chi amministra è l'equità, e questo è il terreno che abbiamo privilegiato. Esempio: abbiamo ridotto la Tari per le categorie più colpite, come bar, pizzerie e ortofrutta, ma soprattutto manterremo tutti i servizi con tariffe inalterate senza aumentare il volume impositivo. E per lo stato attuale della finanza pubblica è un successo, mi creda».
Insediandosi un anno fa aveva definito strategiche alcune partite da definire con la Regione. A che punto siamo?
«L'Accordo di Programma per la sede della Regione, l'ex Macello, il Frigorifero e il raccordo di via Popone è stato sbloccato e la progettazione nell'ex Macello della sede del Museo friulano di Storia naturale sarà completata entro l'anno. Dalla Regione dovrebbe arrivare almeno la metà dei fondi europei per lo sviluppo urbano che avevamo richiesto nell'ambito del progetto Pisus. Serviranno per opere viarie, bandi per imprese e l'avvio del centro commerciale naturale. Infine Debora Serracchiani ha potuto ottenere a livello romano i fondi per il nodo ferroviario di Udine. E la riforma della Sanità assegna all'Ospedale di Udine un ruolo di assoluto riferimento regionale, che giova non solo alla struttura sanitaria ma all'intera città».
La riforma degli enti locali sta entrando nel vivo del dibattito. Udine è pronta a integrarsi col suo hinterland?
«Sto discutendo di questo con i colleghi sindaci, con cui collaboriamo già su molti fronti dall'Ambito al sistema bibliotecario, dalla pianificazione ai servizi. Il passaggio è di grande importanza, e non solo perché bisogna rilevare le competenze delle Province. Ci troviamo di fronte a un'ipertrofia degli enti locali e per questo bisogna fare molta attenzione a non crearne di ulteriori. Ma la sfida della condivisione dei piani urbanistici, del commercio e delle attività produttive, specialmente se la Regione saprà spogliarsi anche di competenze proprie, è una sfida epocale: per questo l'approfondimento di questo disegno di riforma è decisivo, e il dibattito è doveroso».
A proposito di dibattito, ce n'è parecchio sulla legge sulla cultura dove la riforma Torrenti incontra giudizi contrastanti.
«La politica culturale del nostro Comune valorizza le produzioni dal basso: per quanto possiamo cerchiamo di perseguire una piena sostenibilità delle attività di settore. E anche la Regione dovrebbe riflettere sul modo di garantire più sostegno alle realtà del territorio».
In una recente dichiarazione Torrenti pare chiedervi ritegno nella richiesta di nuovi fondi, già che avete usato i 3 milioni della Regione per abbattere le tasse anziché per la cultura.
«Se lo ha detto, la sua uscita è incauta. Quelli sono fondi una tantum che provengono dalla fiscalità raccolta dai Comuni, e hanno specifica destinazione anticrisi. Sostenere i cittadini in difficoltà è pura responsabilità, non una scelta demagogica. Se i canali della cultura ci fossero preclusi per questo, sarebbe grave».