«La Regione Fvg non può investire sull'Aussa Corno»

Mercoledì 23 Aprile 2014
TRIESTE - Il Consorzio di sviluppo industriale Aussa Corno ha la natura di ente pubblico economico e agisce sul mercato analogamente alla figura di un imprenditore, quindi nel perimetro dell'ordinamento privatistico.
Pertanto non è possibile alla Regione stabilire aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito o il rilascio di garanzie. Un divieto sancito dal decreto-legge 78 del 31 maggio 2010, che prescrive l'obbligo di non "impegnarsi" con azioni ulteriori in una realtà che abbia chiuso in rosso tre bilanci consecutivi e che tuttavia ammette alcune deroghe: le operazioni in parole diventano praticabili al socio pubblico allorché si operi in condizioni di deroga previste dalle norme nazionali e regionali: è il caso di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse oppure alla realizzazione di investimenti.
Lo afferma la Sezione di controllo della Corte dei conti, sollecitata ad esprimere un parere formale (tecnicamente un "motivato avviso") dall'Amministrazione regionale decisa a mettere in campo misure adeguate per il superamento della grave crisi finanziaria del Consorzio.
Per delineare la demarcazione fra il diritto pubblico da una parte e il perimetro civilistico dall'altro, la Corte richiama fonti normative e pronunce giurisdizionali di varia natura, dalla Corte costituzionale fino alla stessa magistratura contabile. In particolare, la Sezione di controllo annota la sentenza della Consulta (268 del 1987) che ha analizzato la legge istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato. I giudici delle leggi hanno affermato in tale occasione che «il nuovo ente agisce a titolo imprenditoriale in virtù di una configurazione positiva e sulla base (paritetica) nel rapporto di lavoro, della contrattazione».
Peraltro - scrive la Corte dei conti - «i consorzi di sviluppo industriale, pur essendo sottoposti al controllo della Corte dei conti in quanto soggetti ai vincoli di finanza pubblica previsti dalla legge, sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese e alla tenuta della contabilità secondo le regole proprie delle società».
Scarsamente rileva, al proposito, la circostanza che gli enti pubblici economici non possano fallire, poiché «per la gestione delle loro crisi sono comunque previste specifiche procedure (quali la liquidazione coatta amministrativa o la nomina di un commissario) - taglia corto la magistratura contabile - al pari di quanto avviene ad esempio per le banche o gli altri intermediari finanziari che sono obbligatoriamente costituiti in forma societaria».
M.B.
© riproduzione riservata