La Jihad non attira i "friulani"

Giovedì 28 Agosto 2014
Il proselitismo jihadista non ha attecchito in Friuli. O, almeno finora, non sembra.
Stando alle indiscrezioni trapelate da un recente dossier dei Servizi, ci sarebbero anche alcuni giovani padovani nella cinquantina di italiani convertiti all'Islam radicale, ma non c'è alcuna evidenza che dalla provincia di Udine siano partiti combattenti al sostegno delle milizie dell'Isis tra Siria e Iraq. Nulla di tutto questo risulta, né in via ufficiale né ufficiosa, alla Questura di Udine.
«Non abbiamo elementi per rilevare nulla di simile, non sono emersi fatti nuovi tali da giustificare allarmismi», si è limitato a confermare il Questore Antonio Tozzi.
Gli agenti in servizio in Questura, come è normale che sia, controllano le situazioni border line, tra cui rientrano ovviamente le cellule più integraliste. Lo fanno da sempre. In questo, come in altri campi o settori a rischio. Ma è ormai da anni che la situazione, sul fronte islam radicale, sembra tranquilla.
I casi in cui si era fatto ricorso anche all'espulsione per motivi di ordine pubblico di cittadini stranieri si sono registrati anche in provincia di Udine, ma appartengono ormai al passato, anche abbastanza remoto. Il primo caso risale ai primi anni 2000, quando venne espulso da Udine il muratore algerino Hichem Benabed, finito al centro dei sospetti per i suoi frequenti viaggi in Cecenia, inserito qualche anno dopo dalla polizia britannica nell'elenco dei possibili «postini» del terrorismo fondamentalista. All'uomo, sospettato di aver intessuto legami tra il terrorismo internazionale e alcuni maghrebini che risiedevano in Campania, era stata data la caccia dalle polizie di tutta Europa.
Nel 2005, dopo la strage di Londra, la città di Udine era stata inserita dai servizi nella mappa delle sette città italiane in cui i servizi dell'antiterrorismo ritenevano potessero esserci dei legami con cellule estremiste, sebbene non fossero stati riscontrati elementi tangibili. Il fenomeno era stato monitorato con la massima attenzione.
L'ultimo caso risale invece al 2009 quando un'operazione delle Digos di Udine e Pordenone avevano portato alla firma dell'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni di un decreto di espulsione dal territorio dello stato per motivi di sicurezza di Miri Sghaier, il tunisino responsabile del centro islamico di San Giovanni al Natisone. L'uomo era stato ritenuto autore di «un'intensa attività di proselitismo, in sinergia con una formazione islamica jihadista operante in Tunisia, avendo mantenuto contatti con militanti del suddetto gruppo, arrestati in tale Paese a seguito di scontri armati con le locali forze di polizia», come avevano scritto i giudici del Tar del Lazio nelle motivazioni con cui avevano rigettato il suo ricorso contro l'espulsione.
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