I segreti tragicomici di un centrodestra

Sabato 20 Settembre 2014
UDINE - C'è un'immagine plastica che rappresenta la fatal quiete”del centrodestra udinese: le cinque sconfitte consecutive che nell'era dell'elezione diretta dei sindaci il blocco dei moderati ha incassato in città in un filotto di insuccessi apparentemente inspiegabile se si pensa che alle politiche, viceversa, Pdl e dintorni nell'ultimo ventennio hanno raccolto buone affermazioni.
Ma il sindaco no, quello resta off-limits: e per allargare il respiro di quell'“Anatomia di una crisi” che Gianfranco Leonarduzzi ha tracciato nel volume appena pubblicato, attorno a un tavolo all'Hotel Astoria sono arrivati i protagonisti di questi ultimi 20 anni di fallimenti, tutti a interrogarsi sugli errori commessi nelle campagne per Palazzo D'Aronco dal 1995 ad oggi: ma ciascuno le legge a suo modo, rimpallandosi responsabilità e veti incrociati.
Nel ‘95, dopo il 42 per cento conseguito al primo turno da Silvana Olivotto, «tutti davano per vinto il ballottaggio e mentre noi perdevamo i voti di quelli che se ne sono andati al mare – ricorda l'ex candidata – la sinistra si portava a casa quelli del Ppi e di Italo Tavoschi». Ma è il 1998 la madre di tutte le sciagure: Ferruccio Saro ricorda che Silvio Berlusconi stesso, alla ricerca di un'alleanza col Ppi sostitutiva del patto rotto con la Lega, benedisse la candidatura di Pietro Commessatti. Che si rivelò perdente rispetto a Cecotti. «Nel 2003 fui strenuo sostenitore – continua il senatore di Martignacco – di un accordo con Cecotti che doveva portare in Regione Enrico Bertossi. Ma An si mise di traverso e così entrambi finirono a sinistra».
Daniele Franz però non ci sta: il due volte deputato di An che allora sfidò Cecotti spiega che «quei candidati non andavano a genio a molti, prima di tutto a Forza Italia. E rimprovera Saro, che allora si candidò contro la Guerra, di averlo pubblicamente offeso con una battuta sull'incompatibilità della Medaglia al Valor Civile di Udine con un candidato che veniva dal Msi». Anche Fausto Deganutti, già coordinatore di Fi, ricorda che «era difficile per noi fare accordi di giorno con Saro che li disfava nottetempo».
Quello con cui l'accordo non si è trovato nel 2008 – e il prezzo fu la sconfitta di Enzo Cainero - fu Diego Volpe Pasini, battitore libero il cui ruolo resta controverso. Come controverso è il futuro di un centrodestra che «oggi – spiega il vicecapogruppo in consiglio Vincenzo Tanzi – sarà minoritario ma almeno è coeso nell'avversare un Honsell che appare stanco, quasi imbolsito, anche perché il Pd lo sta scaricando».
Serve però individuare un leader, anzi forse una leader, da pescare in casa Nonino o – come sperano in tanti – reclutando in politica il terzo ex rettore dopo Marzio Strassoldo e Honsell, ovvero Cristiana Compagno. Che però (se non è una sosia) il centrosinistra ha già arpionato in Mediocredito: e così resta sul tappeto l'idea di un giovane, un Renzi di destra che ha già le fattezze di Matteo Tonon, leader di Confindustria che magari nel 2018 potrebbe voler traslocare da Palazzo Torriani a Palazzo D'Aronco. Anche se Deganutti spiega che «ai papaveri regionali del centrodestra non interessa avere il sindaco di Udine, perché poi una figura del genere acquista grande consenso e fa ombra».
Walter Tomada
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