Dopo l'inchiesta 7 milioni al Fisco

Sabato 29 Novembre 2014
Non c'è nessuna responsabilità penale. Il processo sulla frode fiscale da 5 milioni di euro che aveva portato sulla sbarra degli imputati 11 big dell'economia friulana si è chiuso a inizio mese con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Ma intanto nelle casse dell'Agenzia delle Entrate sono finiti quasi 7 milioni di euro, versati da buona parte delle società coinvolte per chiudere il contenzioso con il Fisco. A fare chiarezza su una vicenda che ha suscitato non poco clamore, alimentando interrogativi e perplessità nei cittadini, è il Procuratore facente funzioni Raffaele Tito, interpellato sulla questione.
La Procura impugnerà la sentenza?
«La sentenza ci pare processualmente corretta e non credo che presenteremo impugnazione. Resta giudiziariamente irrisolta la questione sulla liceità penale o meno di quelle operazioni finanziarie. Certo dobbiamo ricordare che la prescrizione è un fatto impeditivo del processo penale cui l'imputato può sempre rinunciare. In questo caso nessuno lo ha fatto. La prescrizione, come concepita oggi, lascia molti cittadini perplessi e mi pare non solo per fatti udinesi. Ad esempio in Svezia per un reato simile sarebbe maturata dopo 30 anni e non dopo 7 e mezzo. Ma la legge va rispettata».
Allora possiamo dire che la Procura ha commesso errori procedurali e o di merito?

«No. Si trattava di operazioni contabili e finanziarie particolarmente complesse, difficili da riconoscere e scoprire. Emerse agli occhi degli investigatori molto tardi, quasi 4-5 anni dopo la loro effettuazione. Per cui rimanevano solo 3 anni circa per i tre gradi di giudizio. Comunque l'azione della Procura è stata assai utile e determinante».
Non è finito tutto in una "bolla di sapone"?
«Non direi proprio. La prescrizione ha avuto effetto solo sul piano penale. Mentre su quello amministrativo l'azione del Fisco, favorita proprio da quella di Procura e Guardia di Finanza, non ha subito intoppi di sorta e anzi è stata altamente produttiva. Da un lato oggi è acclarato e ampiamente riconosciuto che quelle operazioni erano palesemente evasive, cioè vietate, e non elusive e lecite come si voleva far credere. Mi auguro che nessuno oggi le voglia ripetere né consigliare. Dall'altro, lealmente, quasi tutte le società coinvolte hanno inteso chiudere il contenzioso con l'agenzia delle Entrate, effettuando significativi versamenti di imposta e sanzioni a titolo di accertamento con adesione. Ritengo che l'azione coordinata dello Stato sia servita e abbia ripristinato la legalità, anche se alla fine è mancata la censura penale. In questo contesto l'azione della Procura di Udine ha permesso di accendere un faro su simili condotte di evasione fiscale di rilevante portata, utilizzata su tutto il territorio nazionale. Non è un risultato da poco».
Ci può fornire dati certi?
«Per la sola Agenzia delle entrate di Udine le società hanno versato ognuna dai 19mila agli oltre 2 milioni di euro, suddivisi anche in 12 rate trimestrali. I dati sono questi: 2.189.813,26 euro; 911.029,78; 907.254,70; 206.825,82; 223.505,04; 19.097,78; 1.248.357,51; 357.969,59; 384.811,98 e 457.156,67».
A livello nazionale?
«L'83% delle società di capitali non pagano imposte perché dichiarano un reddito negativo o al massimo 10 mila euro l'anno. Questo dato deve o no far riflettere?».
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