Suicidi per crisi: numeri da brivido

Martedì 21 Aprile 2015
La crisi uccide. «Rispetto al 2007 -rivela il sociologo Vittorio Filippi- i suicidi tra gli uomini in età lavorativa, dai 35 ai 69 anni, sono aumentati del 20%». I dati nazionali confermano l'incessante aumento dei cosiddetti suicidi economici: 89 nel 2012, 149 nel 2013 e 164 solo nei primi nove mesi dell'anno scorso. La Marca e il Veneto sono in cima alla triste classifica. L'impressionante percentuale è fatta principalmente da piccoli imprenditori che davanti a problemi economici considerati insormontabili hanno scelto di togliersi la vita. Alcuni sono arrivati al gesto estremo perché incalzati dai debiti e dalle richieste di pagamento. A volte nemmeno di cifre colossali. Altri perché non riuscivano più a pagare i dipendenti e ormai sarebbero stati costretti a licenziare e a chiudere. Nel convegno organizzato ieri dall'Advar al Sant'Artemio, "Crisi esistenziali e suicidi", sono emerse tutte queste sfaccettature. «Gli imprenditori sono i primi a rischio -precisa Filippi- ma allo stesso modo oggi lo sono anche gli esodati, i cassintegrati e i disoccupati». «Il punto è che si ha la sensazione di vivere in una società in ritiro, con meno tutele e meno welfare -aggiunge- una società che allo stesso tempo è più complessa e sempre più esigente». Lo evidenzia anche l'aumento del consumo di psicofarmaci. Tra i giovani, invece, per fortuna non si registra un aumento dei suicidi. Anche se la spia d'allarme è sempre accesa. «Siamo nel paese più schifosamente anti-giovane che esista -mette in chiaro Gerardo Favaretto, psichiatra responsabile del dipartimento di salute mentale dell'Usl 9- che opportunità ci sono? Chi ha già tentato il suicidio, poi, viene bollato come malato mentale. Ed è questa la vera tragedia». L'unico modo per uscirne è mettere assieme le forze per identificare il rischio e organizzare un intervento tempestivo. Senza numeri di telefono anti-suicidio. «Non si può rispondere in modo semplice a esigenze complesse -spiega Favaretto- deve muoversi tutta la rete sociale: lavorando nelle scuole, sensibilizzando i medici e provando a limitare al minimo i rischi di emulazione». Da qui la decisione di rilanciare il tavolo trevigiano. «Per mettere in collegamento tutti quelli che sostengono soggetti a rischio e famiglie colpite da un suicidio -conclude Luigi Colusso, esperto dell'Advar in elaborazione del lutto- l'apertura è massima verso tutti: solo così possono essere usati bene gli strumenti a disposizione».

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