S'inventa lo stupro e inguaia papà

Giovedì 13 Novembre 2014
S'inventa lo stupro e inguaia papà
«Papà mi ha stuprata quando avevo 9 anni». Questa terribile denuncia di una 17enne ha trasformato in un calvario l'esistenza di un 40enne di Treviso e della moglie. Per mesi l'uomo, operaio, ha vissuto sull'orlo di un baratro. Ha rischiato l'arresto. Ma anche di perdere le tre figlie per le quali il Tribunale dei minorenni aveva avviato le pratiche per l'affidamento e la successiva adozione. Per Procura e giudici era un mostro. Invece? Era innocente. La figlia si era inventata tutto e lo ha ammesso lei stessa, appena diventata maggiorenne, davanti al giudice, nel corso di un incidente probatorio in indagini. «Sì - ha detto la ragazza -. Lo stupro è una bugia. La famiglia era diventata una prigione dalla quale volevo uscire per andare in discoteca, stare con gli amici e divertirmi. E così mi sono inventata la violenza».
Una confessione choc che avrebbe convinto il pm Gabriella Cama a chiedere l'archiviazione del procedimento. Ma per mesi il padre non era riuscito a difendersi dall'infamante accusa della figlia. Non era servito a nulla professarsi innocente. «Non appena il giudice Angelo Mascolo (che ha celebrato l'incidente probatorio) disporrà l'archiviazione - ha spiegato l'avvocato Alessandra Nava, che assiste il 40enne - andremo dal giudice dei minori. Con quella carta e la confessione della ragazza bloccheremo le procedure d'affidamento».
Il caso ha però scosso gli ambienti giudiziari trevigiani e veneziani. «Quella falsa accusa di stupro - ha spiegato un consulente della Procura - ha fatto capire quando a rischio sia il ruolo di genitore. È bastata un'accusa di violenza sessuale, confermata in questura e raccontata a scuola, a far passare il padre per un mostro. Un padre che non aveva possibilità di dimostrare la propria innocenza e che non avrebbe avuto scampo se la figlia non avesse ritrattato».
La vicenda è maturata in una famiglia normale: papà e mamma al lavoro ma sempre vicini e attenti alle tre figlie. La primogenita amava però la vita notturna. Ad aiutarla il vicino 70enne che, all'insaputa dei genitori, la accompagnava a ballare per poi andarla a riprendere all'alba. La ragazzina, quasi ogni sera, scavalcava la finestra della camera e passava in quella del vicino, dove aveva un armadio con minigonne mozzafiato, scarpe con i tacchi alti e lustrini. Vestiti che gli aveva comprato il 70enne. Le "scappatelle notturne" sono andate avanti per mesi finché, una notte, i genitori hanno scoperto la fuga. Al mattino, intorno alle 5, il chiarimento. «Salti scuole e te ne vai a zonzo di notte. Adesso ti mando in clausura (da parenti, ndr)»: questa la minaccia del padre. E dopo pochi giorni la denuncia: «Sono più volte stata violentata dal mio papà quando avevo 9 anni». Accusa confermata più volte.
Il padre è finito così sul registro degli indagati e solo la tenacia dell'avvocato Nava, al quale l'uomo si era rivolto, non lo ha fatto finire il carcere. Il giudice dei minori ha spedito però la ragazza e le sorelle in una struttura protetta che per la 17enne è diventata una nuova prigione. Lei che amava la libertà e il divertimento. Così la notte del diciottesimo compleanno si è calata dalla finestra ed è scappata. Era maggiorenne e poteva fare quello che vuole. Così è andata a vivere dal vicino che ora la protegge, la mantiene e le fa fare quello che vuole: «Sono un artista - avrebbe detto il 70enne - e la vita va vissuta senza catene».
Intanto l'inchiesta è andata avanti fino alla confessione choc della ragazza: «Mio papà non mi ha stuprata. Mi sono inventata tutto per poter andare in discoteca a ballare con gli amici». Il castello di carta delle false accuse è crollato. Il padre è tornato a vivere ma per lui è comunque una sconfitta: quella figlia è persa e forse per sempre.

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