Ibrar aspetta la "sentenza" «Spero di restare a Vittorio»

Mercoledì 2 Settembre 2015
«Qui sto bene, la città è bella e la gente è buona. Ma solo a gennaio conoscerò il mio destino». Ibrar Hussain ha 23 anni, è un ragazzo pakistano timido e sorridente e da metà luglio quasi ogni giorno aiuta a tenere pulita l'Area Fenderl. È lui il primo richiedente asilo ospitato al Ceis di Serravalle ad avere iniziato un percorso di volontariato nell'ambito della convenzione per il coinvolgimento di migranti in attività volontarie promossa dalla giunta. Ibrar, la cui famiglia (genitori e 4 fratelli) vive a Rawalpindi, città con più di 3 milioni di abitanti, è una presenza abituale alla Fenderl. Carlo De Poi, uno dei referenti della Consulta dell'associazionismo culturale, stravede per lui e lo aiuta a esprimersi, visto che il suo italiano è ancora molto incerto, anche se sta seguendo corsi di lingua italiana.
Ibrar, quando ha deciso di lasciare il suo Paese e perché?
«Due anni fa sono andato via dal Pakistan per vedere se c'erano opportunità in altri Paesi. Sono finito in Libia, dove ho cercato di lavorare, ma c'era una situazione molto tesa. Sono scappato e insieme a un'altra quarantina di connazionali mi sono trovati a bordo di un barcone con 150 persone. Ho pagato l'equivalente di 800 euro in valuta libica. Siamo sbarcati a Taranto dopo che il barcone era stato intercettato dalla guardia costiera. Ci hanno portati con l'aereo a Verona e da lì in pullman a Vittorio, dove siamo arrivati in una notte della scorsa estate. Io e altri due connazionali siamo stati ospitati in un primo momento in un appartamento della Caritas dove alloggiavamo in 7. Ci facevamo da mangiare e pulivamo, seguiti da un'operatrice. Poi durante l'inverno sono passato al Ceis perché in appartamento era arrivata una famiglia con bambino».
Quali sono le sue mansioni?
«Svolgo lavori manuali, dalle pulizie al riordino dell'archivio. Ho imparato a usare il decespugliatore, sono sempre seguito da personale dell'Area Fenderl».
Cosa vorrebbe fare, superata questa fase?
«Adesso non lo so (sorride, ndr). Mi piacerebbe rimanere in Italia e trovare un lavoro. Ho qualche nozione di lavori elettrici, so usare il computer e internet e scrivere in arabo».
Come giudica l'accoglienza dei vittoriesi nei confronti suoi e degli altri richiedenti asilo?
«Vittorio Veneto è una bella città, ricca di verde. La gente è buona con noi, quando andiamo in giro non ci guarda male».
Ibrar, come altri migranti pakistani, vive sospeso: non provenendo da un Paese che vive una situazione di guerra conclamata, le loro richieste di riconoscimento dello status di rifugiati sono state bocciate. Contro questa decisione i pakistani hanno presentato un ricorso il cui verdetto è atteso a metà gennaio.

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