Del Monaco: il mito compie 100 anni

Lunedì 27 Luglio 2015
In scena 427 volte. Ma non solo Otello. Se è vero che ogni anniversario è una tentazione, bisognerà cercare un nuovo punto di vista per definire Mario Del Monaco. A cento anni esatti dalla nascita, datata Firenze 27 luglio 1915, Del Monaco merita di essere ricordato soprattutto come il tenore della rinascita, l'ambasciatore di un'Italia faticosamente uscita dalla guerra ed ora piena di vita e di passione. E, insieme, come artista che seppe rivoluzionare le regole dello show, facendo diventare il palcoscenico della lirica come un set cinematografico. Una vita che pare un feuilleton, giocata tra l'Africa, Pesaro e la Marca trevigiana, a raccontare un personaggio a tutto tondo: artista, uomo fuori dagli schemi, erede di una famiglia di umanisti, protagonista delle cronache rosa ma soprattutto voce immarcescibile con un arco temporale di quarantatre anni di attività dal timido debutto come comprimario in Lucia di Lammermoor, al ritiro dalle scene del 1975. Anche sul fronte vocale l'altro Del Monaco svelerà primizie inesplorate a quanti lo hanno sempre incasellato nel repertorio drammatico: chi lo amerà nel turgido Canio nell'ammaliante Sansone e, naturalmente, nel Moro scultoreo e bellissimo, avrà perso il Rodolfo, il Manrico, il Pinkerton degli esordi e il Don Josè, il Cavardossi, il Radames della maturità. «L'ultimo divo della lirica vive un esilio dorato in una città di provincia che lo considera sua gloria locale». Così attaccava il Corriere della Sera quando, il 27 aprile 1978, la Società Tarvisium insignì Del Monaco del premio san Liberale. A giusta ragione la Marca lo considera concittadino: dal 1941 il giovane e ancora sconosciuto tenore arriva a Treviso con Rina Filippini, la donna che rappresenterà la bussola nella vita futura e che gli darà due figli: Giancarlo, regista internazionale, e il secondogenito Claudio. Qui vivrà fino al 16 ottobre 1982, conoscendo un tramonto non esente da amarezze. Grazie al tenore comunque la città diventerà dependance del jet set internazionale. Celebri le cene in piscina a villa Luisa con Elsa Maxwell, la pettegola di Hollywood e i divi del cinema. Oltre il cotè mondano, Mario Del Monaco canterà spesso per la sua città d'elezione. Sette produzioni, sei al Comunale ed una al Teatro Garibaldi in un arco di tempo che va dal 1943 con Lucia di Lammermoor al '61 con Samson et Dalila. In mezzo la Bohème, Tosca, Madama Butterfly, Carmen e Otello. Molto istruttivo per chi va costruendo mitologie retrò, il personale ricordo del debutto trevigiano nel Moro. «Nel 1951, quando inaugurai il Teatro Garibaldi, usavo un trucco pesante, allora barocco. Il rimmel che mi era servito per gli occhi si era impastato con il sudore e cominciò ad irritarmi proprio gli occhi. Il fastidio fu tale che mi misi a piangere copiosamente, .. e tutti pensavano che il pianto fosse dovuto alla mia immedesimazione nel personaggio. Io, invece, non posso fare a meno di ricordare quell'episodio con un sorriso, anche se allora patii le pene dell'inferno». Utile poi ricordare Krusev e le frequentazioni high society, piacevole elencare teste coronate e multimiliardari. Però l'altro Del Monaco era anche l'uomo che a Charleroi, nel nulla di miniere, depressione e fatica, in un anno per lui massacrante, approdò per un concerto in favore dei minatori italiani. Era il giugno 1947 e, in platea, sedevano molti veneti con le lacrime agli occhi e il cuore pieno di gratitudine.(((filinie)))

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