Dal caos al voto: 1900 mani alzate

Domenica 19 Aprile 2015
Non sono mancate rabbia e delusione. Le critiche poi sono fioccate copiose, attenuate però dagli appelli di chi ha comunque invitato ad avere fiducia e a mantenere i nervi saldi. Ma, come è capitato una settimana fa alla Popolare di Vicenza, tanta negatività è servita solo come sfogo e non ha prodotto alcun risultato concreto. Il tanto contestato bilancio 2014 di Veneto Banca, con il rosso record da 968 milioni di euro dovuto ai maxi accantonamenti pretesi dalla Bce, è stato approvato. Anche se da una base ridotta: alle 15.30, quando il presidente Francesco Favotto dopo quasi 6 ore di discussione lo ha messo in votazione insieme alla svalutazione delle azioni da 39.5 euro a 30.5, sotto la tensostruttura allestita nel parco della splendida villa Spineda di Venegazzù, ad alzare la mano si sono presentati in 1.948. Qualche ora prima, nel bel mezzo degli interventi, i soci presenti, comprese le deleghe, erano più di 6mila.
Alla fine, insomma, a votare è rimasto chi voleva dire sì. E infatti il bilancio è passato con il 91.2% dei sì e il 2.9% dei no. Ma arrivare a questo traguardo non è stato né facile né agevole. Intorno all'annuale assemblea dei soci di Veneto Banca, forse l'ultima aperta a tutti gli azionisti prima della trasformazione in spa, la tensione è stata tanta. Così come l'attesa. Si è parlato troppo di azioni svalutate, bloccate e di risparmi in pericolo, per sperare in un clima sereno. I soci, piccoli e grandi azionisti, hanno voluto essere presenti. E fin dalla prima mattinata lunghe colonne d'auto si sono srotolate attorno a Volpago. Ad attendere una massa così imponente, un servizio d'ordine altrettanto imponente: carabinieri e poliziotti dentro e fuori la tensostruttura, vigilantes ovunque, steward.
È toccato al presidente Francesco Favotto l'impegnativo compito di condurre l'assemblea tra una contestazione e l'altra. Al microfono si sono alternati soci-imprenditori che hanno comunque promosso l'operato della banca -«5.500 dipendenti e 1600 filiali non possono non significare niente, stiamo vicini alla nostra banca» ha esortato Claudio De Nadai- e piccoli azionisti delusi e incavolati. «Perché oltre a ribassare le azioni del 23% non ribassate anche i vostri stipendi -ha chiesto Ezio Cella, fornaio di Torre di Mosto- dopo 65 anni di lavoro vi ho affidato il mio Tfr e me lo ritrovo decurtato del 23%. E in più non posso disporre del mio capitale. Far pagare gli errori ai clienti è una vergogna. Se brucio il pane non lo faccio pagare a chi entra nel mio negozio». C'è anche chi si è spinto oltre. Lucio Dalla Riva ha tirato in ballo i disastri navali: «Siete come la Costa Concordia e là c'è Schettino» ha detto indicando il tavolo del cda. Adriana Bortolussi ha invece denunciato di essere stata "costretta" a comprare azioni per accendere un mutuo. Un po' tutti hanno bocciato l'idea di una fusione con la Popolare di Vicenza, ipotesi che però rimane sul tavolo.
Nonostante tutto Favotto e il direttore generale Vincenzo Consoli hanno mantenuto una calma invidiabile, anche quando è partito il coretto «ladri» da un gruppetto particolarmente irritato, oppure quando sono stati tirati fuori argomenti spinosi come compensi e presunti benefit, ad esempio l'aereo aziendale. E qui Favotto ha sfatato una leggenda metropolitana: «La banca non possiede aerei, lo affitta da una società terza quando è necessario». Dopo l'utile nel primo trimestre del 2015, ora gli occhi sono puntati sul 2017 quando si spera di ottenere un utile netto di esercizio di 170 milioni, tappa che, secondo le previsioni del piano industriale, segnerà l'uscita dal tunnel.(((caliap)))

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