«Un ragazzo forte, ma segnato dalla perdita del papà a sei anni»

Domenica 20 Aprile 2014
(lo.zo.) «Non mi ricordo di averlo mai visto malato. Era un torello».
Don Giancarlo Berti, parroco di Stienta, conosceva benissimo Mattia Monesi. Come conosceva benissimo la sua famiglia. Sfogliando i vecchi archivi della parrocchia apre pagine che purtroppo non parlano di episodi lieti. La data chiave è il 2002: l'anno in cui il padre di Mattia venne a mancare. «Sono passati ormai 12 anni - ricorda il sacerdote - Suo padre morì di malattia. E Mattia rimase profondamente segnato da quell'esperienza. A volte lo vedevi che si assentava un attimo, si allontanava, aveva bisogno di stare un attimo per i fatti suoi».
L'altro ricordo forte di don Giancarlo è quello della mamma di Mattia. Che descrive come una vera e propria eroina. «È la parola giusta - aggiunge - Ho ancora in mente quelle mattine d'inverno quando, prestissimo, passava a lasciare il piccolo Mattia a scuola per correre a Ferrara dove lavora. Ha fatto ogni sforzo, ha lavorato sino a spaccarsi la schiena per fare in modo che a suo figlio non mancasse nulla».
Mattia era di Stienta, ma frequentava il gruppo scout di Santa Maria Maddalena. «Noi in paese non abbiamo gli scout - spiega il parroco - E io l'ho sempre incoraggiato, spingendolo verso Santa Maria».
Nonostante questo, il giovane era partecipe alla vita del paese. «Dava sempre una mano - racconta ancora Don Giancarlo - Partecipava anche ai campi scuola. Io comunque glielo ripetevo sempre: Se ti trovi bene a Santa Maria, se i tuoi interessi sono là, non ti devi preoccupare per noi, fai bene a stare là».
Al sacerdote faceva piacere che il giovane avesse la sua compagnia, stesse con gli amici, fosse sereno. Perché quell'ombra di tristezza, in lui non mancava mai. E spesso faceva capolino: «Non è stato facile per lui - continua il parroco - Era passato attraverso una esperienza che non può non lasciare residui».
Mattia frequentava l'ultimo anno dell'istituto Enaip di Ferrara, esperienza alla quale aveva già cominciato ad abbinare qualche lavoretto in aziende della zona. «Quando lo incontravo - conclude Don Giancarlo - mi raccontava sempre di quale lavoro stesse facendo in quel momento. Era veramente un bravo ragazzo. Forte, come la madre che è stata una vera eroina».
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