Paura Ebola Missionario ai “domiciliari”

Venerdì 24 Ottobre 2014
«Sono arrabbiato. Per la maniera in cui sono stato contattato. E perché mi hanno fatto sentire un lebbroso». Don Antonio Senno, 70 anni, parrocchiano di Lusia, missionario saveriano, porta la sua fede, la sua disponibilità, il suo aiuto e il suo lavoro in Sierra Leone dal 1973. Sono più di 40 anni.
Ormai è più il tempo che passa nel tormentato paese africano di quello che trascorre in Italia. «È così», conferma. È tornato lo scorso 1 ottobre. Non ci sono stati problemi sino a quando, una decina di giorni fa, con sua grande sorpresa non gli è stato gentilmente richiesto, di fatto imposto, di limitare i contatti con altre persone. Di stare in casa, insomma. A monte di tutto, l'allarme, giustificato o meno che sia, per il virus dell'Ebola. Doverosa premessa: il missionario non è malato, non ha alcun problema, non ci sono motivi di allarme o di preoccupazione per la salute pubblica. Si tratta di una misura precauzionale. Che però ha destato disagio e fastidio nel destinatario, in primo luogo per i modi.
«Di fatto sono stato messo all'improvviso quasi ai domiciliari - spiega - o come minimo a domicilio coatto. Sono a casa di parenti a Barbona». Una situazione che gli appare senza senso. «Dal punto di vista medico - prosegue - non ha davvero alcun significato quello che sta accadendo. Quando sono partito dalla Sierra Leone, sulla strada dell'aeroporto ogni dieci chilometri c'era un posto di blocco al quale venivo sottoposto a tutti i controlli del caso. Mi avranno misurato la febbre una ventina di volte».
Come dire: più sicuro di così... «Invece, quando sono tornato in Italia, agli aeroporti non c'erano misure di alcun tipo».
Non solo quindi l'allarme sarebbe senza senso, ma anche decisamente tardivo. «Figurarsi - dice il missionario - prima di tornare in Polesine sono stato una decina di giorni in Piemonte, ho detto messa, ho parlato coi fedeli, una vita assolutamente normale, senza alcun problema».
Sino alla telefonata che annuncia il “confino”. «Mi hanno chiamato dal tribunale. Non so bene chi mi abbia parlato, se un cancelliere o un magistrato». Un colloquio che ha lasciato il 70enne piuttosto interdetto. «Due giorni dopo mi è arrivata invece la “bolletta” - prova a scherzare - ossia la carta con la quale il sindaco di Barbona in effetti mi comunicava questa necessità».
L'azienda sanitaria chiarisce che non ci sono motivi di allarme di alcun tipo e che sarebbe fuori luogo parlare della presenza del virus dell'Ebola, dal momento che così non è. Al di là di questo, è innegabile che non faccia piacere essere sottoposto a una misura di questo tipo, soprattutto se comunicata in una maniera che non è parsa appropriata. «Mi hanno chiamato al telefono - lamenta il missionario - è una modalità che ovviamente mi ha lasciato piuttosto interdetto. Poi, sinceramente, mi sono sentito davvero considerato alla stregua di un lebbroso».
E forse non basterà, a risolvere tutto, il fatto che ormai sia agli sgoccioli di questo riposo forzato all'interno dell'abitazione dei parenti che ospitano il 70enne.
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