Malato gravissimo assistenza minima

Domenica 24 Maggio 2015
Malato gravissimo assistenza minima
Nell'arco di sei giorni per cinque volte ha chiesto assistenza al Pronto soccorso dell'ospedale di Rovigo per le sue condizioni di salute estremamente precarie ricevendo però solo certificati di dimissione e un secco no alle richieste di essere ricoverato.
Se si fosse trattato di un paziente con una qualsiasi sintomatologia dolorosa, quanto accaduto poteva passare come un disservizio a vario titolo generico dovuto a una non appropriata percezione dei fatti. Ma la persona di cui si sta raccontando l'odissea è, o meglio era, un malato terminale di cancro. Era, perché il rodigino 56enne è deceduto giovedì all'ospedale di Aviano.
È la moglie che parla: «Mio marito era stato operato per un tumore allo stomaco ed era prostrato dai cicli di chemiterapia. La sera del 3 maggio è colpito da un forte mal di testa. Abitando a Boara Polesine, l'ho accompagnato al Pronto soccorso dell'ospedale alle 22.30. Gli viene assegnato un codice bianco ma nessuna assistenza. Alle 3 e mezza del mattino lo dimettono ma continua ad avere fortissimi dolori. Il giorno dopo lo porto per la visita in oncologia e lì escludono che il dolore alla testa sia collegato al tumore. E' stato lasciato su una sedia e solo con l'arrivo del primario gli è stata trovata una brandina. Gli viene però consigliata una Tac alla testa ma già nello stesso pomeriggio aveva prenotato una Tac a torace e addome. Una dottoressa, dimettendolo, ci dice che per un mal di testa non c'è ricovero. Ma lui continua a stare male. La scusa è che non ci sono posti letto. Addirittura nei referti delle Tac sbagliano la stampa e me ne consegnano uno già fatto a febbraio anziché quello del 5 maggio».
Il calvario va avanti fino al sabato con tre chiamate al 118 e infine l'ultima dimissione dal Pronto soccorso dopo la somministrazione di morfina, non senza l'intervento dei medici di Aviano che hanno dovuto spiegare a Rovigo lo stato del paziente. Il lunedì la signora porta il marito al centro ospedaliero pordenonese dove due giorni fa è deceduto.
«Mio marito sarebbe morto lo stesso. Le cure ormai erano solo palliative, ma averlo sottoposto a questa tribolazione gratuita ha offeso la sua dignità di malato terminale».
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