Il fratello ha intravisto l'assassino fuggire in auto

Venerdì 30 Gennaio 2015
L'omicida è stato visto. O perlomeno intravisto. Senza dubbio sentito. Verso la mezzanotte di domenica. A quell'ora Luciano Berveglieri, fratello e vicino di casa di Sereno, 78 anni, trovato ucciso nel primo pomeriggio di mercoledì nella sua abitazione di via Cavo Bentivoglio a San Pietro Polesine, si alza per andare in bagno. Sente un'auto in moto. Si affaccia. È la vecchia Peugeot 106 di Sereno. Parte, in direzione Ceneselli. «Che strano - pensa Luciano - che mio fratello vada in paese a quest'ora».
Non era suo fratello. Secondo i carabinieri quell'ombra intravista al volante era l'assassino. Tutto porta in questa direzione. In primis l'ora della morte stimata dal medico legale Lorenzo Marinelli. Poi la testimonianza del barista di San Pietro Polesine. Il bar in piazza era un po' la seconda casa di Sereno, vedovo da qualche anno, ma amante della compagnia, benvoluto, stimato. Non amava stare troppo in quella casa tanto grande, tanto vuota. Sognava prima o poi di lasciarla. Domenica sera è stato al bar prima di rincasare.
L'arco temporale al quale lavorano gli investigatori è ristretto. Poche ore al massimo. Cosa è successo in questo intervallo? Sin da subito gli investigatori non si sono fatti ingannare dalla sparizione di una televisione. Vecchio modello, 180 euro di valore. Né dalla sparizione dell'auto. Non si uccide per una refurtiva del genere. Di certo non si uccide con quelle modalità: un sacchetto della spazzatura verde, per uso domestico, calato sul capo a mo' di cappuccio. Tra l'altro non solo in casa non sono stati trovati segni di colluttazione, ma pare che nessuno abbia aperto cassetti, cercato contanti o gioielli. Lo scopo non era rubare. Ma come è entrato l'omicida? Segni di scasso non ce ne sono. La porta principale era chiusa a chiave. Le chiavi di casa del 78enne sono state trovate al loro posto. Lo scenario più verosimile allora è che dopo l'omicidio il responsabile cerchi di inscenare una rapina, poi se ne vada per il garage, tirandosi dietro la porta basculante. È da qui che è entrato il figlio di Sereno, Luca. O, meglio, la moglie Moira, che ha fatto la tragica scoperta.
È chiaro che domenica sera non c'è stata una irruzione. È verosimile pensare che sia stato lo stesso Sereno a fare entrare chi lo ha ucciso. Possibile lo conoscesse abbastanza da fidarsi, nonostante l'ora tarda. Forse c'è stata una discussione, degenerata. C'è stata rabbia, ma non accanimento o sevizie. Al di là del soffocamento col sacchetto, ci sono solo lesioni minori e pochissimo sangue, provocato da un pugno o forse dall'impatto del capo contro il pavimento. C'è un segno sul collo.
Ci sono vari elementi sui quali lavorare. Il sacchetto verde, che sarà inviato al Ris di Roma: facile che ci siano tracce importanti. Il telefono cellulare dell'anziano, trovato e sequestrato. Non lo usava quasi mai, ma il suo contenuto sarà scandagliato. E poi la bici. Trovata appoggiata a una pianta nel rustico di fronte alla casa del pensionato. Uno stabile nei mesi caldi dimora d'emergenza per senzatetto. Ma la mountain bike sequestrata non pare abbia passato settimane abbandonata lì. E infine il paese. La piccola frazione di San Pietro Polesine. Era questo il mondo di Sereno. Ed è su questo che gli inquirenti lavorano. La giornata di ieri è stata dedicata ad ascoltare amici e conoscenti. L'impressione degli inquirenti è che non abbiamo a che fare con un rapinatore improvvisato.
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