I tecnici: «Insieme per avere

Mercoledì 16 Aprile 2014
Un Polesine fermo ai tempi di Napoleone. Lo dimostra, carte storiche alla mano, l'architetto Marco Lucat, padre del Piano d'area delle Valli veronesi. «Napoleone arrivò a Legnago, poi proseguì da un'altra parte perché più a sud “c'è niente”. Era il Polesine. Strade, infatti, non ce ne erano come oggi. Ora due cose stanno per accadere che cambiano le cose: la Valdastico sud e la Nogara-mare. Si crea un asse parallelo all'autostrada serenissima che viene in aiuto alle zone deboli che sono tali perché non hanno collegamenti al momento. Si crea una sinergia virtuosa da Badia a Villamarzana. Se il Ptrc riconosce gli hub di Verona e Padova, deve riconoscerne uno più piccolo anche qui. E poi le infrastrutture portano anche tecnologia. Da queste rivoluzioni ne discenderanno poi altre».
L'altro consulente della Regione sul Piano d'area, l'architetto Silvia Lezziero, ribadisce che «aree metropolitane e città metropolitane sono cose diverse. Si tratta di creare una base di opportunità, non un sistema di costi. Nel Veronese sono avanti perché l'hanno capito prima. Così in Polesine abbiamo voluto vedere se la cosa poteva essere proposta e il sindaco di Bergantino è stato il primo ad attivarsi».
Cosa significa per la gente, nella loro vita quotidiana, essere in un'area vasta?
«Intanto non è una sovrastruttura o un moltiplicatore di poltrone - risponde Lezziero - a una risposta alle esigenze del territorio tradotta sul piano programmatico. Tratta tutti i settori: urbanistico, sociale, economico, culturale, con dinamiche nuove nei paesi inseriti» che sono a oggi Lendinara, Badia, Castelmassa, Fiesso, Polesella, Lusia, Trecenta, Castelnovo Bariano, Arquà, Fratta, Costa, Bergantino, Ficarolo, Giacciano con Baruchella, Villanova del Ghebbo, Melara, Ceneselli, Castelguglielmo, Frassinelle, Bagnolo di Po, Pincara, Salara, Villamarzana, San Bellino, Gaiba, Canda e Calto.
Lezziero evidenzia che «questi Comuni spingono le loro potenzialità in rete con gli altri e questo consente di avere finanziamenti europei tramite la Regione, e altri fondi. Stando da soli è più difficile. Si apre così un sistema di progettazione e finanziamenti a cascata su tutti. In un incontro uno spettatore mi chiedeva, lavorando nella musica, cosa poteva interessare a lui la cosa e abbiamo risposto, per esempio, che potrebbe essere fatto un progetto per far nascere un'orchestra dell'Alto Polesine, grazie ai fondi da chiedere e ottenere. Se le domande vengono dal territorio, sono forti e determinano valori per la crescita e lo sviluppo di ogni settore».
Lucat si allaccia. «Il Piano d'area è uno strumento d'intelligente intuizione della Regione. Consente di realizzare la “città diffusa”, cioè un processo in divenire costante nel quale ognuno può aspirare ad avere le stesse, o simili opportunità di chi vive nelle città grandi. E tra l'altro c'è più partecipazione di tutti, perché nelle città metropolitane è il capoluogo che decide per tutti, nell'area vasta no, si lavora insieme».
I due architetti chiudono ripetendo che «sarà importante snellire e semplificare la burocrazia. La semplificazione non è risparmiare sugli stipendi, ma togliere lacci e lacciuoli sulle procedure. Il risparmio è pagare qualcosa che funziona: basta non avere enti sovrapposti».
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