Anche lo zio e il cugino morti in un incidente

Mercoledì 23 Aprile 2014
(g.f.) Il destino, a volte, sa essere davvero crudele. Con la famiglia Casellato il fatto avverso negli ultimi 30 anni si è davvero accanito e non ha concesso tregua alcuna. Il giovane Gianluca è infatti, in ordine cronologico, la terza vittima della strada della stirpe paterna. Forse ha pensato tra le altre cose anche a questo aspetto Cristina Bononi, la madre di Gianluca, ieri mattina quando sulla riva del Canalbianco, sull'Adria-Loreo, ha stretto a sè il corpo del figlio morto appena tratto dalle acque del Canalbianco. Dopo avere accarezzato il suo volto, con un gesto che solo le madri coraggio sanno esprimere nei momenti più tragici delle loro esistenze, ha bagnato la mano nell'acqua del fiume prima di accarezzare nuovamente la testa del figlio scomparso per sistemargli i capelli.
Tornando alla sorta di maledizione della famiglia Casellato ed al suo tributo di sangue sulle strade, il primo era stato, oltre 30 anni orsono, lo zio Ivo, deceduto mentre provata la sua nuova moto. All'altezza dell'abitato di Valliera, Casellato si era schiantato contro un platano. Nella circostanza, secondo le testimonianze raccolte allora, il cavalletto si era sganciato ed il guidatore aveva perso il controllo del mezzo. Un destino per alcuni aspetti simile a quello del nipote. Anche in questo caso il conducente avrebbe perso il controllo dell'auto prima di terminare la sua corsa nelle acque del Canalbianco. Un cugino di Gianluca, Marco, invece era morto nel marzo del 2002. L'incidente era avvenuto alle 4.30 di una domenica mattina sulla statale 516 alle porte di Cavarzere. Un morto e cinque feriti il tragico bilancio, tutti ragazzi di età compresa fra i 23 e i 27 anni. Marco ed i suoi amici tornavano da una serata passata in discoteca quando la Polo, guidata da lui, fu centrata in pieno da una Mercedes che avrebbe invaso la sua corsia di marcia. Gli amici di Casellato e anche la conducente dell'altra auto coinvolta nello schianto se la cavarono con prognosi dai dieci ai quaranta giorni mentre per Marco non ci fu niente da fare.
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