Una vita segnata dalla droga

Mercoledì 28 Gennaio 2015
FIUME VENETO - Federico Dri non era più l'uomo solo e cupo partito per San Patrignano con il suo carico di problemi. Quell'esperienza apparentemente gli era servita, l'aveva cambiato, gli aveva donato una speranza. Era tornato a casa da circa un anno e la parentesi più nera sembrava alle spalle. Faticava nella ricerca di un lavoro, è vero, ma non era più quell'individuo schivo e ombroso che tutti in paese ricordavano. Anzi, concedeva qualche chiacchiera, divideva volentieri un bicchiere con i conoscenti, solitamente al bancone del bar Chow Chow, in pieno centro a Fiume Veneto. «Si era reinserito bene - spiega un amico storico della famiglia Dri - e tutti avevano notato il suo cambiamento. Non si poteva non notarlo. Non l'ho più visto alterato da qualcosa, anzi il suo sguardo sembrava più vivo». Testimonianze, quelle di chi lo vedeva e lo conosceva, che non fanno altro che acuire il sentimento di incredulità che ricopre il tragico finale di lunedì sera.
Gli anni passati, quelli sì che sono rimasti nella mente di tutti. Un calvario fatto di dipendenza dalla droga e reati collegati al continuo bisogno di assumere la sostanza. Erano iniziati a metà degli anni '80, i problemi di Federico Dri. Mentre il fratello Stefano cresceva come ogni altro suo coetaneo, il figlio maggiore di Franco e Annalisa Dri incontrava per la prima volta il demone che non lo avrebbe più lasciato. «I problemi - spiega sempre l'amico di famiglia che ricorda Federico a poche ore dalla sua morte - erano iniziati prestissimo. Tutti se li ricordano». Le cattive compagnie, gli incontri sospetti e quello sguardo che via via si faceva sempre più spento, ottenebrato dalla droga. E i guai con la giustizia gli sarebbero piombati addosso di lì a poco, così come i litigi in famiglia. Con il padre Franco, che dei problemi che lo tormentavano non parlava mai fuori dalle mura di casa; con la madre Annalisa, che provava in tutti i modi a rimetterlo in carreggiata. «Prima di andare in comunità - spiega una vicina di casa della famiglia Dri - litigava più spesso con la madre. Mi dispiace tanto, non si doveva tenere un'arma in casa». In comunità, racconta chi lo conosce, si era ricavato un ruolo da leader. «Che bella, la vita», scriveva su Facebook a fine 2013. Sembrava la didascalia di una svolta. Invece la ruota della vita forse si era fermata di nuovo.
Marco Agrusti

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