Truffa il prete e incassa 240 mila euro Patteggia

Martedì 3 Marzo 2015
PORDENONE - Per tre anni e mezzo sarebbe riuscito a farsi consegnare dal parroco del paese 240 mila euro. Le promesse di restituzione delle cifre, erogate in più tranche e mai mantenute, alla fine hanno spinto il sacerdote a sporgere denuncia e a mandare Johnny Hudorovic, 43enne bolognese di nascita ma residente a Pordenone, di fronte al gup Silvio Maras. Difeso dall'avvocato Riccardo Benvegnù, l'uomo ha raggiunto un accordo con la Procura di Treviso e ha patteggiato un anno e sei mesi di reclusione per truffa aggravata dall'ingente danno patrimoniale e dall'aver agito ai danni di un ministro del culto cattolico nell'adempimento del proprio servizio. I vari episodi contestati hanno avuto inizio nell'estate del 2009. Era pieno agosto quando il 43enne ha bussato per la prima volta alla porta di don Bruno Rossetto, parroco di Crocetta del Montello. I due si conoscevano da tempo e, approfittando dell'amicizia che del sacerdote, Hudorovich aveva avanzato la prima richiesta di denaro. La scusa, se così si può chiamare, era semplice: il 43enne aveva infatti riferito al sacerdote di essere in gravi difficoltà economiche. Nello specifico sosteneva falsamente (come sottolineato il capo d'imputazione) di dover saldare vari debiti legati a multe, imposte e titoli di credito a rischio protesto. In caso di mancato pagamento non si sarebbe sbloccata una pratica di finanziamento bancario per l'acquisto di un appartamento. Il parroco inizialmente avrebbe nutrito qualche sospetto, ma Hudorovich, a garanzia delle richieste, gli avrebbe detto di essere in possesso di un lingotto d'oro del valore di 100 mila euro la cui vendita avrebbe potuto coprire le spese per saldare i debiti. Soltanto che anche quella vendita avrebbe pesato sulle tasche di Hudorovich per varie spese di deposito che a loro volta, se non saldate, avrebbero bloccato il finanziamento. Il sacerdote si sarebbe così convinto a consegnare un po' di soldi al 43enne a titolo di prestito. Le richieste però continuarono per tre anni e mezzo, facendo appunto lievitare la cifra fino a 240 mila euro. Denaro che non è mai stato restituito nemmeno a fronte della denuncia.
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