Teresa, a pranzo un buco di due ore

Venerdì 27 Marzo 2015
C'è un vuoto di poco più di due ore nell'ultima giornata lavorativa di Teresa Costanza. E coincide con l'ora di pranzo. Alle 10.30 la trentenne impiegata come sub-assicuratrice alla Zurich di via fratelli Bandiera aveva accettato un pranzo di lavoro, poi aveva improvvisamente cambiato idea. Si era giustificata dicendo che doveva portare il fidanzato da qualche parte. Eppure alla caserma De Carli l'uscita del caporal maggiore Trifone Ragone è stata collocata alle 16.30, ora in cui un commilitone lo ha accompagnato in palestra. Chi ha incontrato la giovane donna all'ora di pranzo? Dove è andata?
Il suo titolore, l'ingegner Marco Nicoli, non è in grado di ricordare dove avrebbe dovuto portare il fidanzato. Ma è preciso quando indica le 12.20 come orario di uscita dall'ufficio. L'impegno trattiene Costanza lontana da via fratelli Bandiera fino alle 14.46, ora dell'ultimo whatsapp inviato al suo capo: «Sono ancora in tempo per il caffè?». No, il pranzo era già concluso. Cinque minuti dopo era in ufficio, dove è rimasta fino alle 18.07. Alle 18.20 la telefonata al padre: «Papà, sono proprio felice di questo lavoro».
Sono orari precisi, che consentono al pool investigativo dell'Arma, tabulati telefonici alla mano e testimonianze dirette, di ricostruire la vita di Teresa e Trifone Rafone. A cominciare dalle ultime 24 ore. Si sta cercando conferma alle dichiarazioni rese dalle decine di persone sentite a sommarie informazioni. E ieri mattina anche i due titolari dell'agenzia di assicurazione sono stati riconvocati.
Intanto si è appreso che i due fidanzati cercavano una casa e volevano comperarla. Nei 45 metri quadrati di via Chioggia 5, al quarto piano, i due fidanzati uccisi nel parcheggio del palasport di via Interna ormai stavano stretti. «È così piccolino», aveva spiegato in ufficio Teresa Costanza confidando che stavano cercando un'altra sistemazione. Dal giorno del delitto nell'agenzia della Zurich di via fratelli Bandiera è difficile tornare alla normalità. Non è tanto per la pressione dei mass media o per il fatto che all'ingegner Marco Nicoli e al padre Giovanni ieri è stato nuovamente chiesto di collaborare con gli investigatori. «Anzi - afferma Marco Nicoli - quello è il meno. Il peggio è passare davanti alla scrivania di Teresa. Ci penso ogni cinque minuti, mi chiedo se mi sono perso qualcosa, qualche particolare che non ho riferito...».
Ricorda Teresa come una pesona «brillante, corretta». «Il male ci è entrato in casa, ha sfiorato le nostre vite, quando leggi i giornali sembrano situazioni distanti, quando colpisce te è un altra cosa», afferma Marco Nicoli. Racconta di Teresa, preparata, qualificata, tanto che aveva qualche dubbio sull'assunzione. Gli sembrava troppo qualificata per l'incarico alla Zurich («A Milano guadagnava 3.500 euro al mese e aveva 15 persone sotto di lei»). Aveva anche una causa di lavoro per un patto di non concorrenza non remunerato. Il venerdì prima dell'omicidio aveva chiesto di staccare prima dal lavoro perchè doveva studiarsi il faldone che l'avvocato le aveva inviato da Milano.
Sul lavoro era impeccabile: aveva sempre in mano il suo iPhone bianco ammaccato, dove arrivavano in continuazione messaggini. Chiedeva il permesso per tutto, anche per andare a fumare una sigaretta.
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