Salute, si allungano le attese L'Ordine chiama l'ospedale

Venerdì 6 Marzo 2015
Proteste. Sempre più estese. Sono quelle che gli utenti della sanità dell'area vasta pordenonese stanno rivolgendo con sempre maggiore insistenza ai loro medici di famiglia, all'Ordine del Medici e all'ufficio reclami dell'ospedale. La motivazione è sempre la stessa: i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie, in particolare la diagnostica per immagini. Ma non solo quella. Tempi che - a sentire gli utenti - sarebbero sempre più lunghi, sino ad aspettare per una Tac, anche sette mesi. Ma ci sono visite per le quali l'agenda per il 2015 è già chiusa. Insomma, ci si deve mettere in file per il 2016. Una situazione che deve essere affrontata. Lo sa bene il presidente dell'Ordine dei medici, Guido Lucchini, anche perchè lui stesso è medico di famiglia e quindi si ritrova ogni giorno in ambulatorio le lamentele dei suoi pazienti. «Certo che conosciamo la situazione - spiega - così come sappiamo bene quali sono i punti deboli del sistema. Da parte nostra abbiamo già chiesto un incontro con la Direzione del Santa Maria degli Angeli per dare l'avvio all'apertura del tavolo ospedale - territorio che diventa fondamentale per cercare di trovare soluzioni». Una delle questioni da affrontare è quella dell'appropriatezza delle prescrizioni che deve essere affrontata a quel tavolo. «I protocolli delle priorità - spiega il presidente dell'Ordine - sono già obsoleti visto che hanno 7 - 8 anni e quindi è necessario rimetterci mano anche perchè già oggi, su alcune specialità, nonostante venga indicata la priorità "B" (è la più alta e deve essere evasa in 10 giorni ndr.) le attese sono decisamente più lunghe del dovuto».
Resta il fatto che le soluzioni da adottare potrebbero essere anche altre, come l'estensione degli orari di utilizzo delle apparecchiatura per la diagnostica, magari facendole funzionare anche il sabato. «Le soluzioni potranno essere analizzate al tavolo - ribadisce Lucchini - ma voglio subito dire una cosa importante: ci sono esempi che hanno indicato che ampliare gli orari di utilizzo delle apparecchiature non è garanzia di soluzione del problema perchè automaticamente aumenta anche il numero delle richieste di prestazioni e non si risolve nulla. A mio avviso si dovrà invece lavorare sull'appropriatezza delle prescrizioni e sulla necessità di individuare percorsi facilitati per l'accesso all'esame di quei pazienti che effettivamente mostrano sintomatologie che possono celare patologie serie».
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