Rinvio a giudizio, fuori dalla politica

Domenica 5 Luglio 2015
TRIESTE - Non si accettano regali che valgano più di 150 euro e comunque vanno consegnati alla Regione. Non si fanno promesse di vantaggi in cambio di adesioni a un'associazione e trasparenza assoluta sulle proprie adesioni a sodalizi di sorta che non siano partiti o sindacati. E dimissioni subito in caso di rinvio a giudizio per corruzione, concussione, mafia, estorsione, riciclaggio, traffico illecito di rifiuti e ogni altro reato elencato nell'apposita lista dalla Commissione parlamentare antimafia. E se uno non vuole andarsene, si rompe in ogni caso il rapporto fiduciario. Come dire che viene mandato via. Ecco alcuni tratti salienti del codice etico che la Giunta regionale si è data - come anticipato ieri dal Gazzettino - su proposta della presidente Debora Serracchiani.
Oltre le norme di legge e perino oltre il giuramento di fedeltà e lealtà, «abbiamo voluto introdurre principi di comportamento dall'alto valore morale», spiega la presidente. L'ultimo dei 20 articoli del codice spiega che aderirvi rappresenta, per chi governa la Regione, «un patto etico con gli elettori». Non è difatti una legge e non comporta sanzioni se non quella che liberamente ci si impone firmando tale documento.
Quanto ai conflitti d'interesse, che di recente hanno infiammato il Consiglio regionale con il caso Marsilio-Agnola, il codice prescrive l'impossibilità, per presidente e assessori, d'intrattenere rapporti di matrimonio, convivenza, parentela o affinità «con persone operanti in organizzazioni specificamente interessate all'oggetto delle decisioni cui l'amministratore partecipa, anche nei casi in cui detti rapporti non configurano situazioni che danno luogo a incompatibilità previste dalla legge». Al proposito, il codice vieta di designare, nominare o conferire incarichi «a soggetti che siano parenti o affini entro il quarto grado propri o di altri amministratori regionali» e impone, inoltre, di contenere il ricorso a collaborazioni e consulenze esterne. Prescritto anche il dovere di non utilizzare computer e telefonini della Regione per finalità diverse da quelle del proprio ufficio.
Non solo: «L'amministratore è personalmente responsabile di fondi e provvidenze derivanti da risorse pubbliche, che custodisce e impiega con prudenza ed equilibrio» e inoltre «non utilizza a fini privati le informazioni o notizie di cui dispone per ragioni di ufficio o apprese nell'esercizio delle sue funzioni». Quanto all'assenteismo alle sedute del governo regionale il codice parla chiaro: presidente e assessori devono garantire, «compatibilmente con i propri impegni istituzionali o con comprovati impegni personali», la presenza alle sedute di Giunta «o di altri organismi cui sia chiamato a far parte in ragione del proprio ruolo».
Molte di tali regole appaiono scontate dalle leggi non scritte del buon senso e dell'onestà, ma Serracchiani ha inteso metterle egualmente nero su bianco. Come quella che impone «nei rapporti privati, comprese le relazioni extra-lavorative», di non sfruttare a proprio vantaggio la posizione che si ricopre «per ottenere utilità che non spettino».

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