Mattarella, mai più trincee

Lunedì 25 Maggio 2015
Mattarella, mai più trincee
«Non dobbiamo avere paura della verità, senza la verità e senza la ricerca storica la memoria sarebbe destinata ad impallidire e le celebrazioni rischierebbero di diventare un vano esercizio retorico». Le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ieri in Friuli Venezia Giulia per celebrare il centenario dell'entrata in guerra dell'Italia, riecheggiano nel silenzio del Monte San Michele a Gorizia, teatro di aspre e sanguinose battaglie cantate dal poeta Giuseppe Ungaretti che il Capo dello Stato, nel corso del suo intervento, citerà ponendo più volte l'accento sulla «totale precarietà che regnava al fronte». «Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie» scriveva infatti Ungaretti. Ad accoglierlo con un applauso sono state circa 200 persone stipate in ogni angolo mentre il tricolore sventolava alle finestre di Sagrado. Giunto nella zona sacra attorno alle 15.30, Mattarella è stato accolto dalle autorità locali, dal ministro della Difesa Roberta Pinotti e dal coro alpino Monte Nero di Cividale. Dopo essersi fermato per qualche istante nei pressi della Madonnina, ha raggiunto Cima 3 dove lo attendevano gli ambasciatori di Slovenia, Austria, Croazia e il plenipotenziario dell'Ungheria: «Ambasciatori di nazioni e popoli i cui soldati, allora, combattevano e morivano sull'altro fronte - ha affermato - oggi siamo legati da saldi vincoli di amicizia e di collaborazione e dal comune futuro europeo». Deposto un cuscino di fiori a ricordo di tutti i caduti e osservato un minuto di silenzio, il Presidente ha visitato brevemente il museo della Grande Guerra: «Ci sono capitoli ancora da approfondire, pensiamo alle sofferenze delle popolazioni del Friuli e di parte del Veneto durante l'occupazione dopo Caporetto». Un conflitto che «avrebbe preso, come nel resto d'Europa, la forma di guerra di trincea» fatta di «fango, pioggia, parassiti, malattie e quelle attese lente e snervanti per il rancio, per la posta, per il cambio o inesorabilmente per un nuovo assalto». (((batice))) «Non vi era bellezza tra le trincee, solo orrori, atrocità e devastazioni» ha aggiunto citando Renato Serra «partito volontario e morto sul Podgòra». Eppure «migliaia e migliaia di soldati sopportarono prove incredibili, compirono atti di grande valore e di coraggio e gesti di toccante solidarietà». «L'odio nemico - ha proseguito il Capo dello Stato - non prevalse sulla pietà, dopo quella guerra nulla fu uguale a prima». «I caduti di ogni nazione e di ogni tempo - ha concluso - ci chiedono di agire, con le armi della politica e del negoziato, perchè in ogni parte del mondo si affermi la pace». Mattarella, che non si è sottratto ad un veloce bagno di folla con numerose strette di mano, ha salutato personalmente il coro alpino. Per il ministro Pinotti «gli italiani sono stati protagonisti di un grande atto di coraggio e di eroismo collettivo» mentre la presidente della Regione Debora Serracchiani ha parlato di «oblio del mancato ricordo» e di «pietà e rispetto» per tutte «le vittime di allora senza più distinguere il colore della divisa» ricordando che a cento anni di distanza il contesto è quello dell'Unione Europea «contenitore di pace». Secondo il sindaco di Sagrado Elisabetta Pian «la memoria ci deve rendere più responsabili e attivi nel diritto all'accoglienza, il cordoglio deve trasformarsi in insegnamento per il presente». Alla cerimonia anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa Claudio Graziano che ha parlato di «cammino storico perchè l'Italia diventasse quello che è oggi».
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