Il professionista si difende: «Macchè evasore, ho investito nel lavoro Trattato come Riina»

Domenica 21 Settembre 2014
PORDENONE - (su.sal.) «Sono stato trattato come fossi Totò Riina. Io e mia moglie siamo stati svegliati alle 6.30 da quattro uomini che ci hanno fatto vedere i tesserini della Guardia di Finanza e l'atto di perquisizione autorizzato dal pm Annita Sorti. Contemporaneamente altri quattro uomini sono andati nel Centro medico di Pordenone, altrettanti in quello di Conegliano, due a Padova e tre a casa di mia madre settantenne, titolare della Monaco, società che noleggia auto. Un vero e proprio blitz come fossi un criminale per cercare contabilità parallela che non hanno trovato». Alessandro Cattelan è seduto nel suo studio di Pordenone, in via Piave, accanto la moglie. Ha il volto provato da «più di un anno di indagini, di conti sequestrati e di perquisizioni. «Disconosco totalmente la versione abnorme fornita dalla Guardia di Finanza - sottolinea con voce che tradisce un certo stupore per il fatto che la notizia dell'indagine sia stata resa nota - Mi difenderò nelle sedi opportune sia penalmente che civilmente». E dal cellulare gli fa eco il professor Antonio Viotto, noto avvocato veneziano che lo difende per quanto riguarda l'indagine sulla presunta evasione fiscale: «La ricostruzione è basata su errori e supposizioni che poco hanno a che fare con la realtà. A noi risulta la contestazione di un milione e mezzo, non di 2,6», taglia corto il legale. Cattelan si arrabbia mentre descrive la sua vita «agiata, certamente. Ma non di lusso. Tutti i soldi che guadagno li rinvesto nei centri medici dove ho apparecchiature molto costose da pagare con mutui o leasing, come gli immobili». Ma quello che lo «distrugge» è l'accusa di vendere farmaci come prodotti alimentari. «È una vita che dico che non si dimagrisce con i farmaci ma con una corretta alimentazione. I prodotti che commercializzo li ho comperati come integratori alimentari. Perchè allora non li hanno sequestrati in tutta Italia se sono farmaci?». E l'avvocato Carla Panizzi, che assiste penalmente il medico, aggiunge: «Accreditare accuse prima che vi sia un accertamento in sede giudiziaria è costume non condivisibile. Fin d'ora sostengo che non si è mai effettuata la somministrazione di farmaci, ma di integratori di libera vendita che non hanno bisogno dell'autorizzazione dell'Aifa».
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