Diventa l'amante del capo vessata da moglie e figlio

Sabato 25 Aprile 2015
Una giovane dipendente di una piccola azienda a conduzione familiare, nella Bassa friulana, intreccia una relazione con il titolare. Ma quando la moglie e il figlio dell'uomo lo scoprono cominciano a bersagliarla. L'apostrofano con epiteti ingiuriosi e minacciosi, sia sul luogo di lavoro, sia con telefonate a casa. Il tutto per convincerla a licenziarsi dal posto di lavoro.
Il curioso caso di stalking, che ha portato alla sbarra moglie e figlio del marito fedifrago, due friulani di 63 e 33 anni, residenti in un piccolo centro nel Latisanese, è approdato ieri in un'aula del tribunale di Udine.
Moglie e figlio sono chiamati a rispondere del reato di stalking per una serie di episodi risalenti al febbraio 2010. Oltre agli epiteti ingiuriosi e minacciosi, secondo l'accusa, i due si sarebbero anche presentati sotto casa della ragazza, che all'epoca aveva vent'anni, suonandole il campanello o sostando per lungo tempo in auto.
Le rimproveravano, secondo l'accusa, di aver rovinato il clima sia familiare che lavorativo. E volevano indurla a licenziarsi. Alla moglie è contestato anche il reato di ingiuria per una serie di frasi urlate alla ragazza, le prime già nel 2009, una volta scoperta la relazione extraconiugale con il marito.
La situazione era degenerata il 22 febbraio 2010 quando, secondo l'accusa, il figlio del titolare, che lavorava anche lui in azienda, l'avrebbe afferrata violentemente da tergo e spintonata per farla uscire dal capannone, provocandole un trauma al rachide cervicale. L'episodio, costato al ragazzo le accuse di lesioni e violenza privata, aveva indotto la giovane a sporgere denuncia. In seguito la relazione extraconiugale si era interrotta. E alla fine, a fine maggio di quello stesso anno, la giovane si era anche dimessa. Il processo è giunto alle sue battute conclusive. Ieri, terminata l'istruttoria, il pm Paola De Franceschi ha chiesto una condanna per entrambi gli imputati a 1 anno di reclusione. Alla richiesta si è associata anche l'avvocato Maddalena Spagnolo che ha formalizzato un'istanza di risarcimento danni.
L'avvocato difensore, Virio Nuzzolese, ha concluso la sua arringa chiedendo l'assoluzione dei suoi assistiti perché il fatto non sussiste. «Nell'azienda a conduzione familiare la ragazza teneva dei comportamenti provocatori che avevano creato molto malcontento e turbato gli equilibri - sostiene il legale -. Volevano cercare di farle cambiare atteggiamento. Ma sulla base di episodi reali si è costruito un castello fuori dalla realtà. Anche in relazione alle presunte lesioni, quando era in malattia, la ragazza andava a fare tiro al piattello. Non era affatto intimidita». Circostanze, queste, rigettate dal legale di parte civile. «Le accuse che le venivano mosse sono già state assolutamente rigettate in sentenza. Si è chiarito che lo sport che faceva era assolutamente ininfluente per la situazione che si era creata. Ha dovuto cambiare anche posto di lavoro. Ci siamo costituiti per ottenere il risarcimento dei danni». La decisione del giudice Roberto Pecile è attesa per il 13 maggio.
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