Carcere, vergogna lunga trent'anni

Giovedì 2 Aprile 2015
Il nuovo carcere di Pordenone festeggia trent'anni. Proprio così! Trent'anni di parole, chiacchiere, contrasti, liti e incapacità della classe politica di realizzare qualcosa di concreto. Già, perchè il nuovo carcere a Pordenone non c'è. Nonostante siano trascorsi trent'anni. Non c'è in città al posto del malandato e trasandato "Castello" che in piazza della Motta continua ad ospitare i detenuti stipati in celle piccole e in sovrannumero. Ma non c'è neppure a San Vito dove dopo l'accelerata iniziale ora sembra che lavori, progetti e documenti sino tornati in qualche polveroso scaffale. Il nuovo carcere di Pordenone è senza dubbio una delle vergogne e delle sconfitte più cocenti ed umilianti per il territorio. Soprattutto oggi che è possibile soffiare sulle trenta candeline consumate inutilmente. Era l'aprile del 1985, infatti, quando Alvaro Cardin, allora sindaco e uomo forte della Dc al comando della città, presentò il progetto per la realizzazione del nuovo carcere. Per la verità aveva già iniziato a lavorarci da alcuni anni, ma in segreto, perchè nessun quartiere voleva ospitare la struttura. C'era ancora l'ombra lunga del terrorismo e la paura era di ritrovarsi a Pordenone un carcere di massima sicurezza di 400 posti. Paure (cambiando le situazioni storiche) che si sono susseguite nel tempo e che hanno contribuito a bloccare ogni iniziativa concreta. L'allora sindaco Cardin propose la realizzazione del carcere nella bassa del Cuc, ai confini con Cordenons. La Dc si spaccò, si crearono tensioni tra i due Comuni e il progetto sparì dai radar. Da allora sino ad oggi sono stati individuati cinque siti alternativi in città ai quali è da sommare l'ultimo, quello della caserma Dall'Armi a San Vito. In mezzo, però, c'è stata pure la beffa di aver individuato in città e spedito al Ministero, un sito in zona esondabile. Nessuno si era accorto dell'errore. Il carcere fu collocato (virtualmente s'intende) in Comina, nella zona Sud, vicino alla fabbrica Cimolai e infine al confine con Roveredo. Ci misero del loro (tanto per allungare i tempi casomai ce ne fosse stato bisogno) anche alcuni magistrati, assolutamente contrari a realizzare il carcere a San Vito. Proprio il loro interessamento servì a bloccare il primo tentativo dell'allora deputato Antonio Di Bisceglie di portarlo a San Vito. Servirono da allora altri dieci anni di inutili tira e molla per poi tornare a ricollocarlo nel sanvitese. Tempo buttato. Centinaia le interrogazioni nei vari consigli comunali, migliaia i fogli di carta utilizzati per petizioni, progetti e votazioni. La palma della vergogna (e dell'incapacità) spetta comunque alla politica. Per realizzare il carcere si sono spesi praticamente tutti i deputati eletti in provincia: da Gasparotto ad Agrusti, passando per Callegaro, Contento e Ballaman che ci andò vicino. Peccato che all'epoca si aprì una indagine per corruzione al ministero e Pordenone venne cancellato dalle priorità. Oggi, dopo trent'anni di tribolazioni, il carcere ancora non c'è.
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