«Fu la chiave di volta per la sismologia in Italia»

Mercoledì 6 Maggio 2015
UDINE - «Il terremoto che 1976 ha colpito il Friuli ha rappresentato una chiave di volta per la sismologia in Italia e anche per la gestione del territorio. Dopo quel sisma è nata la Protezione civile ed è iniziata la raccolta sistematica dei dati, prima a livello regionale e poi nazionale. Gli esperti hanno cominciato a fare rete per studiare in maniera globale il fenomeno». Lo afferma Dario Slejko, sismologo dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, operativo all'epoca in cui quella scossa la sera del 6 maggio 1976 ha fatto tremare il cuore della regione. Arriva alle 21, magnitudo 6,4 Richter, IX-X gradi della Mercalli. Colpisce un'area di 5.700 chilometri quadrati: Gemona, Venzone e Osoppo i più colpiti, danni per 4.500 miliardi di lire, 989 vittime, 3mila feriti, 200mila senza casa. È la stazione dell'Ogs di Trieste a localizzare principalmente le scosse. «Oggi l'Ogs dispone di una rete per il monitoraggio sismico dell'Italia nord-orientale che consente di individuare le aree sismicamente attive di Fvg, Veneto e provincia di Trento - spiega il direttore, Marco Mucciarelli -; fornisce un sistema di allarme sismico a supporto alla Pc. Il sistema automatico di allerta oggi funziona in tempi impensabili 39 anni fa: è in grado, infatti, di fornire dopo poche decine di secondi dall'evento sismico la localizzazione e la magnitudo alla sala operativa della Pc e tutto questo dà maggiore efficacia ai soccorsi».
Paola Treppo

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