«Se non ci fossero stati i quaderni di Zoido non avrei visto Camin e il suo popolo, e non avrei capito questa enclave veneta di antifascisti comunisti», scrive Giuliano Scabia nella prefazione di "I quaderni del partigiano Afro". Il libro, edito dalla Cleup, nasce dalla trascrizione curata da Luciano Morbiato di tre diari scritti da Zoido Massaro (1912-2010), ovvero il partigiano Afro, negli anni Sessanta; notevole il dossier fotografico finale. Domani alle 10.30, al centro civico di quartiere in via Alsazia a Camin, per le celebrazioni del 25 aprile sarà presentato dal curatore e da Antonio Daniele dell'Università di Udine, introduce Floriana Rizzetto dell'Anpi. Il racconto parte dall'educazione di antifascista e di comunista negli anni Venti, quando Zoido va ad imparare il mestiere di barbiere, che poi farà suo fino alla pensione, da Attilio Pasquato "Beàla" per concentrarsi sulla sua opposizione al regime e sulla sua attività di partigiano. Il racconto è ambientato in una Camin oggi ben diversa, «un piccolo mondo perduto, se non fantastico scrive Morbiato nell'introduzione ma grazie a ricordi così radicati, persone e luoghi sono salvati dall'oblio». Due gli schieramenti opposti, punti di riferimento la parrocchia di San Salvatore (con la scuola, l'asilo, il patronato e il cimitero) per i contadini cattolici praticanti e la casa del Popolo, vicina all'osteria con rimessa e alla sala da ballo "Malibran" per gli operai socialisti, spesso anticlericali. Due paesi in uno, contrapposti non solo ideologicamente, ma anche socialmente. Zoido descrive minuziosamente i campi e le strade, «costruendo una mappa ricca di microtoponimi , completa dei nomi (e dei soprannomi) delle famiglie» sottolinea Morbiato. L'autore cerca di essere il più obiettivo possibile, citando spesso questo o quel testimone. Il primo diario con l'educazione di un giovane antifascista ha per narratore "io", sostituito nel secondo e terzo da "noi", con la cronaca della lotta clandestina del gruppo caminese e dell'insurrezione collettiva - Afro viene arrestato dai brigatisti della Muti nel dicembre del '44 e torna il libertà il 31 gennaio del '45 fino al dopoguerra e i democristiani.
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