«Professarsi indipendentisti non può essere un reato»

Sabato 19 Aprile 2014
(L.M.) Riccardo Lovato è uscito alle diciassette dalla casa circondariale di via Due Palazzi. La porta si è aperta ed è salito veloce sull'auto di Carlo Covi, uno dei due avvocati che lo difendono. La prima fermata è per sorseggiare un drink in un bar di via Due Palazzi. Appare tranquillo e sereno, ad aiutarlo sono state le grandi attestazioni di solidarietà ricevute in questi giorni. «È stata molto importante la solidarietà di tante persone dall'esterno - esordisce Lovato - me ne sono reso conto vedendo la televisione e i messaggi che mi arrivavano. Sono anche rimasto piacevolmente stupito dalla presa di posizione di queste persone che so non essere indipendentiste».
Il quarantaquattrenne appare sereno anche rispetto alle accuse per le quali è finito dietro le sbarre. Lovato tiene a ribadire i suoi ideali. «La mia coscienza è tranquilla e a posto rispetto alle accuse, non mi sono mai sentito un terrorista - continua Lovato - non mi risulta che essere indipendentista sia un reato, continuo a sostenere la mia idea di Veneto indipendente. Credo di essere stato scarcerato, oltre che per l'inconsistenza delle accuse che mi sono state mosse, anche grazie al clamore che ha suscitato tutta la vicenda».
È rimasto però impressionato dalla realtà carceraria che ha toccato con mano in queste due settimane di detenzione. «Io ero sottoposto ad un regime che prevedeva stessi in una cella con un solo compagno quindi in un certo senso ero un privilegiato - sottolinea l'uomo - mentre i detenuti ordinari vivono stipati in troppi dentro la stessa cella. Se lo scopo del carcere non è solo scontare una pena ma anche ottenere un recupero del carcerato, la mission è totalmente fallita. La colpa però non è degli operatori carcerari che si adoperano come possono. Anzi anche loro subiscono le conseguenze di questa situazione. In carcere ci sono persone dimenticate che da mesi attendono sviluppi della loro situazione».
Riccardo Lovato ha tenuto a ribadire come il sovraffollamento delle carceri e la lentezza della giustizia siano penalizzanti per tutti. «È un impegno che ho preso con chi ho incontrato in carcere. Voglio raccontare come si vive lì dentro - precisa il quarantaquattrenne - e manterrò questa promessa». Lovato adesso è libero, ha potuto fare ritorno nella sua casa dell'Arcella dove ha riabbracciato la madre e la sorella Stefania. Trascorrerà con loro le festività pasquali. Ovviamente soddisfatto il suo difensore Carlo Covi che, anche a nome del collega Alberto Toniato, ha sorriso augurando Buona Pasqua: «Noi avvocati siamo estremamente sereni, anzi serenissimi».