Manzo, società come scatole cinesi Verdetto rinviato

Martedì 28 Aprile 2015
I giudici del Tribunale del riesame, presieduti da Alessandro Apostoli Cappello, ieri mattina sono usciti dalla camera di consiglio mani vuote. Non è semplice fare i conti in tasca a Francesco Manzo, il settantenne originario di Nocera Inferiore, e sbrogliare la matassa di un patrimonio di 130 milioni di euro, controllato da centinaia di società. Il presidente del Tribunale del riesame ha detto che la camera di consiglio verrà sciolta nei prossimi giorni e le parti saranno informate via mail.
Si sapeva che il Tribunale del riesame avrebbe trovato molti ostacoli nella montagna di società del milionario. E non è ancora esclusa l'ipotesi che i giudici debbano ricorrere ad una perizia per vagliare il sequestro del pubblico ministero Giovanni Zorzi, della Procura distrettuale antimafia di Venezia.
Francesco Manzo è difeso dagli avvocati Ferdinando Bonon, Bonaventura Carrara e Gennaro Loffredo. Il sequestro dei beni è stato disposto sulla presunta "palese sproporzione tra l'entità dei redditi dichiarati da parte di Manzo e la quantità di beni e enti societari a lui riferibili".
La tesi della difesa è completamente opposta. I legali sostengono che Manzo ha ottenuto negli ultimi quindici anni grossi finanziamenti da istituti di credito, quali Bnl, Cassa di Risparmio del Veneto, Deutsche Bank. Insomma, il patrimonio non sarebbe stato fatto con capitali di provenienza illecita, come sostiene l'accusa. Gli avvocati Bonon, Carrara e Loffredo citano il grattacielo in costruzione in corso Argentina "Onda Palace". Dicono che è stato finanziato dalle banche. E i lavori sono bloccati perchè gli istituti di credito non hanno pagato i due ultimi stati di avanzamento dell'opera, il cui costo è di due milioni e mezzo. Il grattacielo è di proprietà della società del Centro Servizi Interporto, amministrata dal figlio Prisco Manzo, che ha citato in giudizio gli istituti di credito.
Il Tribunale del riesame l'11 maggio dovrà pronunciarsi anche sulla misura della sorveglianza speciale per la durata di cinque anni di Francesco Manzo. La Procura distrettuale accusa l'imprenditore di aver movimentato e riciclato il denaro sporco della camorra.
Anche su questo punto i difensori daranno battaglia. Sostengono che si vuole incriminare un presunto camorrista, che non è mai stato condannati per reati di questa natura. E lo si vuole legare ad una cosca, il clan "Loreto", collegato alla "Nuova Famiglia", di Assunta "Pupetta" Maresca, che non esiste più da molti anni, dopo la guerra con la Nco di Raffaele Cutolo e le inchiesta della Procura napoletane.

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