Aps addio, parte "Busitalia Veneto"

Venerdì 19 Dicembre 2014
Il consiglio comunale ha deciso ieri, quasi all'unanimità, che l'azienda di trasporto Aps, costituirà la maggiore società pubblica del Veneto alleandosi con un'altra società, interamente prtecipata dalle Ferrovie: Busitalia, che ha ereditato nella memoria collettiva quello che era la vecchia Atp e prima ancora la Siamic.
NUOVA SOCIETÀ

L'operazione di fusione avverrà aprendo una nuova società che si chiamerà "Busitalia Veneto spa" nella quale noi avremo il 45 per cento e gli altri il 55 per cento. Ed è già una vittoria perché a fronte dei 3 milioni di attivo di Busitalia, Aps sconta 3,9 milioni di "buco". È una operazione di cui si parla dal 1992 e che doveva concludersi politicamente nel marzo scorso, ma l'opposizione di centrodestra e le spaccature nel centrosinistra non portarono al voto dell'aula. Ieri invece la delibera del Comune è passata con un'ampia maggioranza, con i soli distinguo di Padova 2020 e del Movimento 5 Stelle che hanno manifestato il loro dissenso anche fuori dal Palazzo, insieme a Rifondazione comunista.
GLI ACCORDI

La nuova società avrà un parco di 970 mezzi e 620 autobus con 90 milioni di fatturato. Tutte condizioni che le permetteranno di partecipare alle gare europee per il gestore unico del trasporto pubblico locale previste dal prossimo anno e dunque in un certo senso, di "tenere" in casa il governo del tpl. Non solo: gli accordi con Busitalia prevedono il mantenimento di tutti i lavoratori e il loro ancoraggio per sei anni alla sede di Padova che resta sede della società. Poi si otterrà una razionalizzazione delle linee, evitando che due bus facciano lo stesso percorso. E con un biglietto si potrà partire da Montagnana e venire in centro salendo su un unico mezzo. Per quanto riguarda i rapporti economici la nuova società prenderà "in affitto" sia il tram che le sedi di via Rismondo e Salboro, a un canone di 2,4 milioni l'anno.
BITONCI

Queste argomentazioni fanno comprendere perché il sindaco abbia dichiarato ieri sera: «L'abbiamo fatto per i cittadini padovani». Nel suo intervento infatti Bitonci ha chiarito come la decisione pone la città in una posizione di vantaggio sulle politiche del trasporto pubblico, «consentendoci di poter gareggiare per creare una realtà oltre i nostri confini» e dall'altro come garantisca la sopravvivenza dell'azienda, minata dalle perdite. «Ci sono state negli anni scelte scellerate come la partecipazione a certe società svalutate che hanno fatto perdere 16 milioni di euro. Un fenomeno simile a quello vissuto dal Comune con la Lehman. Ancora un poco e saremmo stati costretti a intervenire per aumentare il capitale e il prezzo l'avrebbero pagati i padovani». Con più tasse o aumento del biglietto.
I VANTAGGI

Poi ha elencato i vantaggi. «Il biglietto unico per le tratte, l'inamovibilità dei lavoratori dalla provincia per sei anni, quando prima erano tre, ma dalla regione. Li abbiamo tutelati di più rispetto all'accordo di marzo». Infine ha chiarito anche perché avremo la quota di minoranza. «La valutazione è stata fatta sul piano patrimoniale e reddituale. Su quest'ultimo siamo carenti, noi infatti abbiamo perdite, loro sono in utile e sono la più grande azienda di traporto pubblico in Italia. Ma nessuna decisione sarà presa senza i due terzi dei voti dell'assemblea e manterremo la presidenza e un socio fra i cinque del cda».
LE OPPOSIZIONI

Una visione migliorativa ma figlia di quella che il centrosinistra aveva disegnato in primavera ed è per questo che «per senso di responsabilità verso l'azienda, i cittadini e i dipendenti visto che un rinvio lo pagherebbero loro, siamo favorevoli» ha detto al termine il capogruppo del Pd, Umberto Zampieri». A dire no sono rimasti M5S e Padova 2020 fermi nel chiedere maggiori garanzie dai patti e increduli al fatto che questa alleanza rilancerà l'azienda. Voto finale: 27 favorevoli (Fi, Lega, Lista Bitonci, Rifare Padova, Ncd-Udc e Pd) e tre contrari: Fiore e Dalla Barba per Pd2020 e Altavilla dei 5 Stelle. Non ha votato Francesca Betto, M5S.

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