«Accuse smantellate» Lovato torna libero, Contin ai domiciliari

Sabato 19 Aprile 2014
Il Tribunale del Riesame di Brescia smonta l'impianto accusatorio contro i secessionisti. È caduto il reato associativo con finalità eversive, la competenza territoriale viene spostata a Padova e le misure cautelari sono state in gran parte annullate. Permangono di una certa gravità soltanto le posizioni degli indagati che hanno in qualche modo avuto a che fare con la fabbricazione del tanko e delle armi. Destini diversi per i due padovani che attendevano l'ordinanza del Riesame. Riccardo Lovato, il magazziniere con un passato da ultrà, nominato "Responsabile militare della piazza di Venezia", ha potuto lasciare la casa circondariale di strada Due Palazzi poco dopo le diciassette di ieri. Quindici giorni di carcere cancellati in un colpo solo. Da martedì Lovato tornerà al suo posto di lavoro. «Accusare di terrorismo questi uomini del Nord è una follia - rincara la dose l'avvocato Carlo Covi, che lo sta assistendo assieme al collega Alberto Toniato - nell'attività di questo gruppo non si intravvedono finalità eversive nè pericoli di alcun tipo per l'ordinamento dello Stato. Non ci troviamo di fronte ad un progetto rivoluzionario ma ad un manipolo di ribelli che non accettano di subìre quella sofferenza generalizzata che ci ha trasformati dal ricco Nordest ad un povero Far West».
L'unica misura cautelare confermata dai giudici di Brescia è quella di Flavio Contin, altro leader del gruppo secessionista, costruttore del tanko sequestrato in un capannone di Casale di Scodosia. «Osservo innanzitutto - esordisce il difensore del 74enne serenissimo Alessio Morosin - che l'eccezione di competenza territoriale su cui avevo puntato molto è stata accolta. È evidente che non vi è prova della costituzione di un'associazione con finalità eversive in occasione della riunione di Erbusco del 26 maggio 2012. Era una normale riunione politica tra gente che la pensa alla stessa maniera. Ed è bastato un collegio attento ed equilibrato per sancire che le opinioni non sono reato e che le chiacchere da bar non possono essere perseguite. Bastava mandare un paio di carabinieri a Casale per verificare cosa stessero combinando i venetisti. Ed invece sono state effettuate spese incredibili in due anni di indagini, che hanno prodotto dieci faldoni di documenti. Lo Stato ha scelto un percorso tortuoso e impegnativo - prosegue Morosin - con un'azione inadeguata che ha prodotto risultati modesti. Sono convinto che anche l'imputazione residua per Contin cadrà. Impugneremo l'ordinanza in Cassazione per questo profilo».
Ben difficilmente l'inchiesta si radicherà a Padova. Con la riforma dei distretti giudiziari, entrata in vigore nel 2013, il territorio del Montagnanese è passato sotto la giurisdizione del Tribunale di Rovigo. E se i reati contestati sono radicati a Casale di Scodosia evidentemente i dieci faldoni dell'inchiesta dovranno essere trasferiti alla Procura polesana.