«Mauro non poteva essere ammanettato»

Lunedì 3 Agosto 2015
I legali della famiglia Guerra hanno depositato in Procura a Rovigo una memoria con cui chiedono al magistrato titolare dell'inchiesta sulla morte del loro congiunto di verificare la legittimità dell'intervento dei carabinieri. Il penalista Fabio Pinelli e il collega Alberto Berardi manifestano serie perplessità su due aspetti della controversa vicenda: il provvedimento di natura sanitaria e l'utilizzo delle manette. «Quello alla salute è un diritto costituzionalmente garantito - osserva l'avvocato Pinelli- e ogni valutazione spetta alle autorità competenti. Per un trattamento sanitario assistito occorre rispettare il rigido protocollo che prevede la valutazione sulla necessità del ricovero da parte del medico, il successivo via libera da parte della struttura sanitaria territorialmente competente e la vidimazione da parte dell'autorità amministrativa, ovvero il sindaco. L'ultima parola spetta comunque e in ogn caso al paziente che deve dare la propria disponibilità alla cura. All'organo di polizia giudiziaria non compete alcuna valutazione sull'opportunità di intervento. Di norma i carabinieri danno esecuzione ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria, non possono agire d'iniziativa». I legali nominati dalla sorella della vittima evidenziano un altro possibile abuso: l'utilizzo delle manette. «Stupisce - argomenta Pinelli - che si sia arrivati ad ammanettare Mauro Guerra dopo un lungo inseguimento tra i campi. È un gesto limitativo della libertà personale che ha carattere di eccezionalità. Le manette sono consentite soltanto in flagranza, quando si sorprende qualcuno mentre sta commettendo un reato. Non era sicuramente il caso di Guerra che rivendicava il suo diritto di esser lasciato libero. Noi sosteniamo che non vi fosse alcuna ragione di inseguirlo nè tantomeno di ammanettarlo».
Pinelli avvierà nei prossimi giorni una delicata indagine difensiva. Con l'obiettivo di accertare quali fossero effettivamente le condizioni di salute del buttafuori di Carmignano e si fosse davvero necessario avviare la procedura di Tso. Saranno sentite tutte le persone, familiari, amici, semplici conoscenti, che l'hanno incrociato nelle quarantotto ore precedenti la tragedia, condividendone gli stati d'animo e i disagi. «Nessuno contesta il fatto che il ragazzo avesse problemi di natura psichica - conclude Pinelli - ma ci risulta che la sua reazione violenta sia scattata nel momento in cui ha realizzato che i carabinieri volessero farlo portare all'ospedale. Lui non ne voleva sapere, gli interessava completare i suoi disegni. «Lasciatemi andare, andate via»: queste le frasi che avrebbe ripetutamente rivolto ai militari durante la lunga trattativa prima della tragedia.

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