Via libera al Def Confermato il pareggio di bilancio nel 2016

Venerdì 18 Aprile 2014
Per la maggioranza è una «svolta storica che apre una nuova stagione». Per l'opposizione è la «solita minestra di tagli e tasse». Fatto sta che entrambe le Camere, quasi in contemporanea, hanno dato disco verde al Def (Documento di economia e finanza), con un buon numero di voti, ampio a Montecitorio, più risicato a palazzo Madama, dove i sì sono stati 156 e i contrari 92 (alla Camera 348 a favore e 143 contrari). Ma c'è una novità molto interessante: assieme al Def, sono state presentate risoluzioni per il rinvio di un anno del pareggio di bilancio, misura inserita in Costituzione e che per slittare ha bisogno di maggioranza assoluta. «Chiediamo il rinvio per onorare i debiti della PA e perché la ripresa è ancora fragile e quella del mercato del lavoro ancora difficile», ha spiegato il ministro Pier Carlo Padoan. La novità si è avuta al momento del voto: a favore del rinvio i numeri sono aumentati, arrivando a 170 sì al Senato e a 373 alla Camera. «È cambiata la maggioranza», hanno tuonato dai banchi di FI, mentre i capigruppo forzisti si spingevano a dire che da alleanza Pd più Ncd si è ormai passati a «un sinistra-centro». Come stanno le cose?
L'operazione allargamento era partita da giorni. Tra i fautori il capogruppo di Sel alla Camera, Gennaro Migliore, che guida la pattuglia in via di infoltimento di vendoliani che non vedono di buon occhio l'alleanza con il greco Tsipras alle Europee; se questa non dovesse essere premiata dalle urne, dentro Sel si aprirà un processo che porterebbe al chiarimento interno e riaprirebbe le porte a quel progetto di ingresso a pieno titolo nel centrosinistra e di rapporto ravvicinato con il Pd, come era nelle premesse. I fautori dell'operazione la spiegano solo con un riferimento di merito: «Eravamo per il rinvio del pareggio di bilancio, una misura che ci strozza, e quindi l'abbiamo votata. Punto», spiega Migliore. Ai voti di Sel si sono aggiunti anche un paio di grillini dissidenti del Senato, più quello del leghista Calderoli in dissenso con il proprio gruppo, più, pare, qualche voto sparso di quelli del Gal (autonomisti del Sud eletti nel centrodestra), anche questi ultimi in cerca di nuove collocazioni. «Ho fatto una calderolata», ha ammesso lo stesso Calderoli già distintosi per aver definito «una porcata» la sua legge elettorale: «Ho teso un tranello alla maggioranza, se avessero votato la mia risoluzione cadeva il governo, ma Morando ha capito tutto e ha sventato la trappola».
Alle trattative per votare la stessa risoluzione di rinvio ha partecipato fino all'ultimo anche FI, salvo sfilarsi in zona Cesarini con la motivazione che «non era più il testo che volevamo noi». Con aggiunte di dichiarazioni polemiche, come quella di Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, secondo il quale «il governo dimostra di essere in stato comatoso, con una maggioranza che va da Alfano a Sel». «In stato comatoso avete lasciato voi il Paese quando avete finito di governare», la replica a brutto muso di Lorenzo Guerini, intervenuto in aula come vice segretario del Pd (sia pure in attesa di voto ratificatorio dell'assemblea nazionale) a sottolineare l'importanza politica del passaggio parlamentare. Una situazione che comunque lascia ben sperare la maggioranza renziana, visto che quando si tratterà di votare le riforme (elettorale e del Senato), ai voti stretti di maggioranza dovrebbero aggiungersi quelli previsti proprio di Forza Italia, contraente a pieno titolo del patto sulle riforme. Rimane da dire di Padoan. Alle polemiche sulla lettera da lui inviata alla Ue per chiedere il rinvio del pareggio di bilancio, e alle critiche per non averla consegnata al Paralmento, ha risposto laconico: «Tempesta in un bicchiere d'acqua».
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