Strage di operai, 5 indagati Anche l'ex carabiniere eroe

Mercoledì 24 Settembre 2014
ROVIGO - Sarà anche un "atto dovuto", come ha sottolineato il procuratore della Repubblica Carmelo Ruberto, eppure da ieri pomeriggio a Rovigo i nomi di cinque persone sono iscritti nel registro degli indagati. Omicidio colposo plurimo, al momento, è l'unica ipotesi formulata per la strage bianca, con quattro morti, avvenuta nell'azienda di stoccaggio di Ca' Emo alle porte di Adria, una tragedia che ha destato grandissima emozione in tutta Italia. Ieri sera la Camera dei deputati si è raccolta per un minuto di silenzio in ricordo delle quattro vittime.
Non è escluso che altri reati, riguardanti la sicurezza sul posto di lavoro, possano essere ipotizzati nel momento in cui saranno acquisiti i risultati delle verifiche tecniche, a partire dalle analisi di Arpav e Spisal nello stabilimento dove si è sviluppata la nube tossica, e non appena verrà ricostruito cos'è accaduto all'interno della Co.Im.Po.
«È evidente che ci sono state omissioni nelle cautele antinfortunistiche e che qualcosa di anomalo si è verificato nelle procedure di scarico dell'acido solforico» ha ribadito il procuratore Ruberto. Basta questa frase per delineare i due binari dell'inchiesta (errore umano commesso lunedì mattina e falla nelle misure di prevenzione e sicurezza) e per capire la ragione per cui sono indagate cinque persone, in vista delle autopsie che saranno effettuate oggi ad Adria.
Nell'elenco ci sono tre amministratori o titolari dell'azienda, accanto a due persone con un ruolo operativo. Tra queste ultime anche l'ex carabiniere Rossano Stocco, 54 anni, di Villadose, diventato un eroe per aver salvato il collega Massimo Grotto (dimesso ieri dall'ospedale), che alla guida di una ruspa si era schiantato contro un muro ed era in preda alle esalazioni di ammoniaca.
L'elenco si apre con l'imprenditore Gianni Pagnin, 62 anni, residente a Noventa Padovana, che detiene il 95 per cento delle quote della Co.Im.Po; non era però in azienda, essendo ricoverato in attesa di un intervento chirurgico. Indagata anche la figlia, Alessia Pagnin, 38 anni, di Noventa Padovana, titolare del 5 per cento delle quote e amministratore delegato della società. Il terzo nome è quello di Glenda Luise, 24 anni, residente ad Amolaretta di Adria, pure amministratore della Co.Im.Po, figlia di Mario Luise che un tempo era titolare della società.
E veniamo ai ruoli operativi in azienda. Rossano Stocco, che abita a Villadose, nonostante abbia salvato una vita umana si trova indagato perché titolare della società Agri.Bio.Fert Correttivi srl che ha preso in affitto (e quindi gestisce) la vasca larga 40 metri e lunga 30 contenente i fanghi da trattare. La miscelazione che trasforma i fanghi in concime avviene con l'acido solforico proveniente dalla Marchi Industriale di Marano di Mira, che avrebbe dovuto essere scaricato nel silos numero 8 prima di finire nella cisterna a cielo aperto. L'ultimo indagato è Mario Crepaldi, 59 anni, di Adria, una specie di factotum della Co.Im.Po, che sostituisce, in loro assenza, titolare e amministratori.
«Una volta si diceva che societas delinquere non potest, ovvero che una società non può commettere un reato - spiega il procuratore Ruberto - ma oggi non è più così. In base alla legge 231 del 2001 esiste una responsabilità amministrativa per mancanza di vigilanza e di applicazione di modelli di comportamento». È per questo che sono stati tirati in ballo i Pagnin e la Luise. Gli altri due potrebbero invece essere coinvolti in modo più diretto. Anche perché un rappresentante dello stabilimento, che è già stato interrogato dai carabinieri di Adria diretti dal capitano Davide Onofrio Papasodano, avrebbe ordinato al camionista Giuseppe Baldan di Campolongo Maggiore di scaricare direttamente l'acido solforico nella vasca.
Il passaggio cruciale dell'inchiesta riguarda proprio quella procedura, che avrebbe suscitato qualche perplessità nel povero Baldan (dipendente di una ditta di Marano di Mira). Lui ha fatto il suo lavoro, ha versato l'acido e poco dopo si è prodotta la nube tossica che ha ucciso anche Nicolò Bellato e Marco Berti, arrivati in soccorso dell'autista, e Paolo Valesella, il tuttofare dell'azienda.
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