Renzi "consulta" i partiti «Serve un nome politico»

Mercoledì 28 Gennaio 2015
Renzi "consulta" i partiti «Serve un nome politico»
Matteo Renzi avvia le "consultazioni" per eleggere il successore di Napolitano, incurante dei rilievi di Bersani, che gli aveva fatto notare come «non era mai accaduto che un premier avocasse a sè la trattativa per l'elezione del presidente della Repubblica». E per di più con la pretesa di tenere le carte coperte non più fino all'inizio delle votazioni, ma addirittura fino alla conclusione della terza votazione. Il nome da votare, insomma, verrà "comunicato" poche ore prima di metterlo ai voti, nella prima votazione in cui, per eleggerlo, basterà la maggioranza assoluta.
Del candidato di Renzi, si sa solo che sarà «del Pd». Ieri Alfano ha chiesto che sia «un politico di esperienza. Niente tecnici, niente novellini. Una persona che conosca il funzionamento delle istituzioni». Corre voce che il premier si sia detto d'accordo, ma Renzi non offre alcuna conferma. Tanto basta comunque al tecnico Pier Carlo Padoan per chiamarsi disciplinatamente fuori: «Sono ministro dell'Economia, ho già tanto da fare». Ma dall'intera maggioranza la richiesta di un nome «politico» è quasi unanime. «Serve una figura di alto profilo» ribadisce a nome dei centristi la ministra Stefania Giannini.
Nel pomeriggio, nella sede del Pd a Roma dove si svolgono le consultazioni entra la delegazione della Lega. Dopo un po' Matteo Salvini esce allargando le braccia: «Drammaticamente, non hanno un nome». «Renzi vuole imporsi» annota Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia.
Alle 19 varca la porta del Nazareno la delegazione di Forza Italia ed ecco la prima sorpresa: Berlusconi non c'è. Ma non è una rottura: il Cav vuole sottolineare, spiegano gli azzurri, che lui non è un leader di partito tra i tanti che Renzi consulta. No, lui è l'architrave, il patto tra lui e Matteo è la trave portante dell'edificio, quindi lui incontrerà personalmente Renzi, oggi all'ora di pranzo, e lo incontrerà a quattr'occhi, in modo che sia chiaro che il nome che esce non è il candidato di Renzi ma il candidato del patto tra loro due. Chiede «garanzie», il Cav: e di quali garanzie si tratti, è abbastanza evidente, dopo che ieri i pm hanno dato parere negativo alla conclusione anticipata della sua pena, scatenando l'ira del condannato. Berlusconi voleva lo sconto di pena previsto per buona condotta. I pm hanno detto no: un parere che non è vincolante, perché a decidere è il tribunale di sorveglianza, che potrebbe ancora concedere lo sconto. Ma quello che veramente importa a Berlusconi, non è tanto la fine anticipata delle visite settimanali a Cesano Boscone, quanto la restituzione della «agibilità politica», cioè la possibilità di candidarsi al Parlamento, e quindi la fine immediata dell'interdizione ai pubblici uffici, un pena accessoria che potrebbe saltare solo se ci fosse un provvedimento di grazia o se Renzi facesse approvare una legge che depenalizza le frodi fiscali.
I Cinquestelle hanno rifiutato l'invito di Renzi. Ma un nutrito drappello di grillini arriva lo stesso. Non certo per vedere il premier, ma per contestare la delegazione degli ex cinquestelle che invece ha accettato di incontrare Renzi. Sono in cinque: tra loro, il deputato pordenonese Walter Rizzetto e la senatrice trevigiana Paola De Pin. Hanno chiesto l' "streming" dell'incontro con Renzi nel più puro stile grillino, ma questo non basta ai militanti che per tutto il giorno, dopo l'addio ufficializzato da Rizzetto e da altri 8 parlamentari al movimento di Grillo, hanno insultato i "traditori" sul web. Ora sono qui per farlo di persona. È il deputato friulano il più preso di mira: «Venduto, venduto, vergogna» gridano i contestatori a Rizzetto, che viene insultato, inseguito, colpito dai militanti Cinquestelle. «Capisco la rabbia, capisco anche gli insulti, ma non l'aggressione fisica - protesta Rizzetto - è stato un attacco squadrista e violento. Siamo usciti dal M5s anche perché abbiamo visto crescere questa tendenza, ma non tutti i militanti sono così». «Grillo si dissoci, condanni la violenza dei suoi seguaci» intima la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani.
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