Renzi: manovra d'autunno a base di tagli alla spesa

Venerdì 8 Agosto 2014
ROMA - Il giorno dopo l'assunzione di responsabilità per il crollo del Pil, il premier Matteo Renzi cerca la via d'uscita: «Non vedo lo scenario e i rischi del 2011, non vedo lettere della Bce in arrivo, non falliremo, è un'ipotesi che non esiste. Con buona pace di gufi e sciacalli l'Italia non è finita», assicura il premier determinato a difendere, una ad una, le riforme del governo, da quella del Senato, ormai in porto, a quelle in itinere garantendo che in autunno la legge di Stabilità sarà «una manovra di tagli alla spesa» anche perché con una spending review da 16 miliardi «resteremmo ampiamente sotto il 3%».
C'è un'immagine, che il premier, ospite di la 7, sceglie per dimostrare che lui è ancora impegnato «a cambiare verso»: lo Sblocca-Italia, il provvedimento di snellimento burocratico che il governo approverà a fine agosto per aprire cantieri e chiudere opere infinite. Negando l'immagine dell'uomo solo al comando - «con Padoan litighiamo solo di calcio» - e ammettendo errori anche da parte sua, Renzi punta a amalgamare la squadra e accelerare le riforme, concorde con Mario Draghi, presidente della Bce, sul fatto che «dobbiamo rimettere in ordine l'Italia». Il premier non vede «affondi» di Draghi contro il governo, ma affermazioni «sacrosante» compresa quella sulla necessaria cessione di sovranità che «Draghi non ha riferito all'Italia, ma a tutti gli Stati Ue» per rilanciare la crescita. C'è molto da fare, sa il presidente del Consiglio, anche perché a lui è toccato il secondo trimestre consecutivo di crescita negativa, la recessione tecnica, ma di fatto «dalla recessione non siamo mai usciti tecnicamente - sottolinea - anche se siamo sempre la seconda manifattura d'Europa».
Alla vigilia del via libera in prima lettura alla riforma del Senato, il premier evidenzia che al di là dei contenuti «non ce n'è per nessuno» e che «per la prima volta la politica non chiede sacrifici alla gente ma a sè stessa». Mentre gli 80 euro, simbolo finora della politica economica del governo, «sono un atto di giustizia» e non la colpa della mancata crescita, che Renzi conferma per il 2015 quando saranno 10-11 i miliardi destinati al bonus Irpef. Alla scuola il premier assicura un miliardo per il prossimo anno e nega aumenti di tasse. Le risorse? Con la spending, per ora solo «iniziata ma non ancora abbastanza», si cercheranno 16 miliardi, «ampiamente» sufficienti per restare nei parametri Ue. Il premier torna anche sulla partita delle nomine alla Commissione di Bruxelles, fiducioso di riuscire a mandare il ministro degli Esteri, Mogherini, sulla poltrona di Alto rappresentante per la politica di sicurezza comune.
Anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha approfittato dell'informativa alla Camera sulla spending review per precisare la sua posizione dopo le polemiche per il dato decisamente negativo sul Pil nel secondo trimestre (-0,2% e conseguente recessione tecnica) e sui rilievi arrivati sulla scarsa efficacia del bonus («l'operato del governo non si può valutare in pochi mesi, anche sul bonus 80 euro è presto per dare giudizi»). Il titolare del Tesoro chiarisce: «La revisione della spesa è e resta al centro della strategia del governo. È indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi di crescita e della sostenibilità della finanza pubblica». Quelle che arrivano dal commissario Cottarelli o da altri organismi sono «indicazioni di opzioni tecniche» su cui poi il governo assumerà le sue decisioni. Insomma, l'ormai famosa spending review deve essere efficiente anche perché viceversa si andrebbe alla «revisione delle agevolazioni e delle detrazioni fiscali per garantire un miglioramento dei conti pubblici di 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 nel 2017». In attesa di una «ripresa più decisa e sostenuta che le ultime previsioni collocano nel 2015 e oltre».
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