Pressing di Renzi su Juncker: un piano da 300 miliardi

Giovedì 21 Agosto 2014
Pressing di Renzi su Juncker: un piano da 300 miliardi
«Come minimo ci aspettiamo coerenza e un po' di buonsenso». Archiviata la missione lampo in Iraq, Matteo Renzi ieri sera è tornato a mettere la testa sui dossier europei e su quel «Big Bang in nome della crescita» che il 29 agosto, alla vigilia del Consiglio straordinario di Bruxelles, porterà il governo a varare le riforme della scuola e della giustizia civile e il decreto sblocca-cantieri. Interventi utili anche per dimostrare ai partner europei che «l'Italia fa sul serio».
La «coerenza» e il «buonsenso» di cui parla Renzi sono legati alla partita che in autunno si giocherà sul fronte dell'interpretazione del Six pack e del Fiscal compact. Partita che secondo palazzo Chigi non riguarda solo l'Italia, ma l'intera eurozona. «Perché il problema è lì e non da noi, come dimostrano i pessimi dati economici che vedono perfino la Germania in recessione», non si stanca di ripetere il premier. Ebbene, dopo che il Consiglio europeo di giugno si è chiuso con un impegno formale a favore della crescita e dell'occupazione, dopo che l'agenda strategica di Herman Van Rompuy ha fatto proprio lo stesso obiettivo, dopo che il nuovo presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha fatto suo l'impegno annunciando un piano di investimenti di 300 miliardi in tre anni e soprattutto dopo che l'Eurostat ha fotografato una zona euro in ginocchio (Germania, Finlandia e Paesi Bassi inclusi), il nostro governo è convinto che la nuova Commissione Juncker e il Consiglio europeo di dicembre «non potranno non sfruttare per intero i margini di flessibilità» previsti dal Six pack e dal Fiscal compact. «Altrimenti», spiega un ministro che segue il dossier, «tutta la zona euro finirà sotto procedura d'infrazione. Il che sarebbe una palese dichiarazione di fallimento...». C'è da dire che al momento, come ha più volte ripetuto Renzi, non è stata avviata alcuna trattativa. Ai dossier hanno cominciato a lavorare i tecnici della Commissione uscente, insieme a quelli della nuova Commissione che diventerà operativa a novembre. E c'è da aggiungere che il «momento di svolta», secondo Renzi, avverrà proprio a dicembre. Quando, prima del Consiglio europeo - e su iniziativa del semestre italiano di presidenza dell'Unione - verrà compiuta un'analisi dei risultati delle politiche europee sulla base di un rapporto cui sta lavorando Juncker. «E il bilancio, visti i pessimi dati sulla crescita, non potrà che essere fallimentare. Da qui la prevedibile svolta», dice un altro ministro. I riflettori dei tecnici di Bruxelles sono puntati soprattutto sui dati del debito. Il forte calo della crescita, con la contrazione dei Pil in gran parte dell'Eurozona, porterà a uno scostamento dai piani di rientro. «Perché a causa della crisi», sostengono nell'entourage di Renzi, «il debito non potrà ridursi al ritmo previsto». Da qui l'idea, già filtrata nei giorni scorsi, di portare dallo 0,5% allo 0,25% la riduzione del deficit strutturale, calcolato al netto del ciclo economico. Uno “sconto” che per l'Italia può valere anche 5 miliardi e che potrà essere applicato all'intera Eurozona.
La “svolta” difficilmente porterà con sé anche l'adozione della golden rule classica, la regola aurea che permetterebbe ai singoli Stati di non computare nel deficit le “spese buone” per investimenti a favore della crescita: i falchi rigoristi sono fermamente contrari. Più probabile, invece, il taglio del co-finanziamento nazionale che accompagna i fondi strutturali europei.
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