La preghiera di Mattarella

Sabato 31 Gennaio 2015
«Il momento è difficile. Dobbiamo mettercela tutta e tutti insieme». E' la frase più sbilanciata che dice Sergio Mattarella, e solo agli amici più intimi. Ed è quella che lo svela come uno che, nonostante l'equilibrio coltivato da sempre con meticolosità certosina, crede proprio che ormai sia fatta. La telefonata di Matteo Renzi alle 18, che annuncia a Mattarella l'appello che sta per fare ai grandi elettori, mentre il candidato vicino alla meta sta al lavoro nel suo studio al terzo piano nel Palazzo della Consulta, è di quelle che riescono a scuotere perfino un tipo come lui. Il quale già da qualche ora non risponde più alla valanga degli sms che gli arrivano dai cattolici democratici ormai egemoni in Transatlantico con la formula ripetuta in questi giorni («L'ipotesi non è facile»), ma lascia trasparire («Vediamo») una qualche speranza che si rafforza con il passare delle ore e diventa semi-certezza all'ora di cena, quando anche Alfano e i suoi semi-depongono le armi.
C'è una piccola grande novità nelle abitudini di Mattarella che ieri hanno cominciato un po' a cambiare - è arrivato in ufficio all'alba per non farsi vedere da nessuno - ed è questa: chino sulle carte delle sentenze costituzionali a cui sta lavorando, ogni tanto butta un occhio allo schermo di Sky per aggiornarsi sulla cronaca che lo riguarda oppure guarda sul monitor le agenzie di stampa per aggiornarsi sui giochi politici in atto. E insomma, è lontano come sempre dal contesto ma è anche da ieri - come riserva della Repubblica in via di lucidatura a nuovo - molto più vicino a quel contesto politico nel quale si troverà ad agire, se le cose andranno come dovrebbero andare, e a quel punto Mattarella il suo format da presidente già ce l'ha e i confidenti lo sintetizzano così: «Sarà un Capo dello Stato poco interventista. Più alla Einaudi che alla Pertini».
Intanto Renzi lo ha chiamato, lui lo ha ringraziato ancora una volta. E agli sms che gli ribadiscono da giorni «la grande unità del nostro partito sul tuo nome», le sue riposte sono del tipo: «Ne sento tutta la responsabilità». Capisce bene, ovviamente, le implicazioni del tutto. Cioè di essere una figura scelta da Renzi e che dovrà ricompattare un mondo ma soprattutto garantire un Paese. Il libro che in questi giorni ha sul comodino della sua stanza da letto, nella foresteria della Consulta in cui vive (ma ieri ha pranzato alla mensa dell'ufficio e nel suo angolo cottura domestico), è la «Storia d'Europa nel secolo decimonono» di Benedetto Croce. E lo spirito della sua presidenza - quasi un programma ideale e politico - può essere rintracciato dentro queste pagine. Dove si parla della libertà come di una «visione totale del mondo, vivificata di passione civile e morale». E si parla della società che «non lavora da sè e ha bisogno di chi la metta in moto e la regoli». E ancora: Croce - che pure ebbe forti polemiche con Luigi Sturzo, idolo di Mattarella - parla della crisi degli Stati, tema d'attualità stringente, e della «calcolata azione partigiana» che nell'Ottocento rovinò le istituzioni e la vita civile dei popoli. La crisi di allora, la crisi di oggi. La grande politica, ma non solo quella.
A Mattarella arrivano indirettamente segnali di non ostilità particolare da parte di Silvio Berlusconi. Il quale a Cesano Boscone ieri, mentre qui fervevano le ultime trattative, raccontava le barzellette ai vecchietti e non appariva affatto turbato dall'ascesa di Mattarella al Quirinale: «È una brava persona». Poteva andare meglio all'ex Cavaliere o poteva andare peggio: è andata così e la vita di Silvio continua. Questo è il mood interessante che viene fatto penetrare nelle stanze ovattate della Consulta. Lo stesso Palazzo nel quale Mattarella, insieme agli altri colleghi del collegio giudicante, bocciò come incostituzionale nel gennaio 2014, il Porcellum. Ossia la legge elettorale che ha letto il Parlamento che adesso elegge Mattarella al Colle.
A parte il gioco di parole, il paradosso della cosa è evidente. Ma adesso, per Mattarella, è il momento di ricevere i nipoti. Anzi, una: Maria, figlia di Piersanti Mattarella. La famiglia, molto numerosa, sarà molto presente nella presidenza Mattarella, se non altro come supporto morale. Alla squadra penserà da domani. Prima o dopo essere andato in preghiera, per la sua prima messa da presidente, nella chiesa di Sant'Andrea delle Fratte. Che ha fatto da scenografia alla Tosca e, nel caso improbabile che non ce la faccia, Mattarella magari sussurrerà sulle note di Puccini: «Perché, Signore, me ne remuneri così?».
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