L'attesa solitaria del monaco Sergio

Venerdì 30 Gennaio 2015
L'attesa solitaria del monaco Sergio
Come può vivere un democristiano doc, un moroteo, «un monaco» (copyright Berlusconi), questa fase in cui parrebbe - ma poi dipende dalle decisioni della Provvidenza oltre che dal volere del king maker e dei grandi elettori - che Sergio Mattarella, cioè lui, stia per salire al più alto onore della Repubblica?
Mattarella, che ieri ha lavorato per tutta la giornata alla Consulta leggendo carte e mantenendo quel profilo distaccato che è nel suo Dna personale e politico, vive questo magic moment, espressione che egli mai userebbe, in una maniera così: «Sono cose che accadono, se devono accadere. Ma se accadono, diventano un onore e un grande fardello». Lo hanno chiamato tutti. Lui non ha chiamato quasi nessuno. Con i pochi con cui ha intimità, appartenenti soprattutto allo stretto giro familiare mentre tra gli amici politici ha D'Alema e Veltroni, Rosy Bindi e Bersani, Enrico Letta, Soro, Bressa e Fioroni (organizzatore della cena al ristorante «Scusate il ritardo», dov'è stata lanciata la candidatura) più Franceschini (lui è stato il tramite con Renzi, e i premier e Mattarella hanno avuto l'incontro decisivo 4 giorni fa), ha parlato naturalmente poco. Mostrando quel suo atteggiamento schivo e d'antan (sembra uno in bianco e nero degli anni '60) che fa prevedere una presidenza non all'insegna del sexy ma della camomilla da somministrare a un Paese tendente all'eccitazione: «Se mi chiamano ci sono, ma non ho fatto nulla per ottenere l'incarico». Berlusconi sostiene che Mattarella ieri abbia chiamato lui. Più probabilmente è stato l'opposto. Mattarella avrebbe detto a Silvio: «Considero un atto di rispetto che voi votiate scheda bianca sulla mia candidatura». E poi? Racconta Berlusconi ai suoi parlamentari: «Mattarella mi ha anche assicurato che non fu lui a bloccare il nostro ingresso nel Ppe».
Anche se non sono pochi quelli che ricordano quanto Mattarella si battè per evitare questa «sciagura». Ecco una frase mattarelliana, e in puro stile mattarellico, del 19 agosto 1999: «Berlusconi? E' l'opposto di De Gasperi». Mentre a Montecitorio si moltiplicano le congetture e le domande - «Ministro Boschi, sarà ancora Donato Marra il segretario generale del Quirinale?». Risposta davanti alla buvette: un sorriso - e mentre si scommette su Ugo Zampetti, segretario della Camera uscente, di scuola dc, come primo collaboratore del (forse) neo-presidente, Mattarella lavora come sempre nel palazzo della Consulta. E come sempre fa la vita di sempre. Ieri ha mangiato alla buvette della Corte Costituzionale dove, assicura chi la frequenta, si mangia malissimo; ma per lui (magro e studioso, bisognoso al massimo di un filetto) queste cose non contano. Oppure, raccontano in coro al «Bar del Quirinale», locale piccolo ma saporito a due passi dall'abitazione dell'ex ministro che è a due passi dal palazzo presidenziale, «viene qui all'ora di pranzo, prende una pizzetta o un tramezzino, se la porta a casa e la mangia lì». Con un bel bicchiere di vino? «Macchè». Coca Cola? «Neanche». Acqua frizzante? «No, naturale».
E niente autoblù. Gira a piedi. Il suo striminzito appartamento nella foresteria a via Cordonata ha due stanze, angolo cottura e bagno. Mattarella è un moroteo anche nello stile di vita. Uno svago? Andare in montagna e cantare i canti di montagna come ai tempi dell'Azione Cattolica di cui è stato anche responsabile durante il liceo: il San Leone Magno di Roma. Palermitano, ma poco palermitano in realtà, e neanche tifa granchè per i rosaneri pur amando il calcio, ma con la testa e non con le viscere. Va a messa vicino casa. Ogni tanto a Palermo dove è sepolta l'amatissima moglie scomparsa nel 2012. Amici? Frequenta soprattutto la famiglia: tre figli e sei nipoti a Roma. Lo stretto giro delle affinità elettive - e alcuni di questi nell'eventuale presidenza Mattarella un ruolo lo avranno - comprende Paolo Ruffini, dinastia siculo-democristian-ministeriale come quella di Sergio, con in più uno zio cardinale; Nino Rizzo Nervo; il deputato Francesco Saverio Garofani (ieri il più ricercato in Transatlantico e il bersaniano Zoggia tra i tanti andava cercando il numero tra i divanetti ex Dc: «Qual è il telefono di Garofani?»); e il biografo di suo fratello assassinato nel 1980: Giovanni Grasso, autore dell'ottimo volume su «Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia» (edizioni San Paolo).
Intanto è in corso una lotteria che lo riguarda. Ma lui legge tomi giuridici.
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