Forza Italia e sinistra Pd Strani alleati contro il Senato delle Regioni

Giovedì 24 Aprile 2014
ROMA - Sale la tensione sulle riforme, con l'avvicinarsi del primo passaggio rilevante: l'adozione di un testo base da parte della commissione Affari costituzionali del Senato. Forza Italia strizza l'occhio alla minoranza Pd e alla sua battaglia per mantenere il Senato elettivo, ed evitare la sua trasformazione in Senato di delegati delle autonomie territoriali, e il numero due del Pd Guerrini la richiama all'osservanza dei patti. Ma la tensione è evidente anche all'interno del Pd, proprio per la determinazione della sinistra interna guidata da Vannino Chiti nel portare avanti la battaglia per il mantenimento di un Senato ad elezione popolare.
La giornata si apre con toni aspri. In una lettera al Corriere della Sera il ministro Maria Elena Boschi accusa Chiti e quanti vogliono un Senato elettivo di «tentare di bloccare la riforma». «Il fatto che la proposta venga da parte della minoranza interna del Pd - scrive - è particolarmente stupefacente, essendo proprio la minoranza Pd quella che ha chiesto e ottenuto alla Camera di eliminare dall'Italicum ogni riferimento alla legge elettorale del Senato, proprio in forza dell'assunto che il Senato non sarebbe mai stato elettivo».
Chiti replica al ministro intervenendo durante la discussione generale in commissione Affari Costituzionali: ribadisce punto per punto le sue ragioni e si dice «amareggiato» per l'accusa di voler bloccare le riforme. Al di là del merito, Chiti contesta l'impostazione politica del premier Matteo Renzi, basata sul patto esclusivo con Forza Italia. Il dialogo, dice Chiti, va cercato anche con M5s e Sel, che vogliono anche loro conservare un Senato elettivo.
Na Renzi non intende cedere, e lo ribadisce rispondendo su Twitter alle domande dei cittadini. Il premier sottolinea che l'elettività del Senato «è una contraddizione con l'impostazione di fondo», cioè quella di una Camera in cui sono rappresentate le Autonomie; inoltre il ddl del governo «fa una rivoluzione e semplifica il procedimento legislativo». A scombussolare i piani ci si mette anche Forza Italia, il cui capogruppo Paolo Romani, pur ribadendo la validità del patto Renzi-Berlusconi, chiede una «ulteriore riflessione» sul Senato elettivo, magari con un nuovo incontro Renzi-Cavaliere.
Romani ha una buona metà dei suoi 60 senatori sul piede di guerra: molti «azzurri» temono che con l'approvazione delle riforme Renzi tracimi elettoralmente rubando consensi anche a Forza Italia. Anche la riunione del gruppo prevista in giornata viene rinviata. Romani indica però una mediazione come via di uscita: sì all'approvazione delle riforme, purché subito dopo le europee si approvi in Senato la riforma elettorale.
Un altolà a Forza Italia lo dà il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerrini, il quale ricorda che il «Senato non elettivo» è uno dei punti cardine «dell'impianto dell'accordo contratto con Forza Italia»; ed aggiunge di «confidare che si arriverà a un approdo corrispondente al patto del Nazareno».
Un secondo altolà lo riceve Vannino Chiti dal capogruppo del Pd in Senato, Luigi Zanda, che in Commissione critica duramente il ddl della minoranza. E comunque, ricorda Zanda, in commissione i numeri ce li ha il governo. In effetti nella discussione generale possono intervenire tutti i senatori, ma hanno diritto di voto solo i membri della Commissione, tra i quali non c'è nemmeno lo stesso Chiti. In pratica, il fronte che chiede il mantenimento del senato elettivo può contare solo sul voto di Corradino Mineo (minoranza del Pd), Loredana De Petris (Sel) e di altri quattro senatori di M5s ed ex M5s. Troppo pochi. Così, conti alla mano, il ministro Boschi può dire a fine giornata che sulle riforme «non c'è assolutamente un problema di numeri».