«Ma voi avrete il coraggio di premere quel tasto e avere 150 bestie sulla coscienza?»

Martedì 23 Dicembre 2014
«Quando volete è tutto pronto... Una domanda preliminare: avete il coraggio di premere il tasto di un telecomando e avere 150 bestie sulla coscienza?» È il 27 ottobre dello scorso anno, Stefano Manni, ex carabiniere congedato per questioni di salute, ora considerato il fondatore dell'associazione Avanguardia Ordinovista, cerca proseliti e inneggia alla «strategia della tensione». L'uomo, che per gli uomini del Ros è il fondatore del gruppo di neofascisti, incita, offende, minaccia, e lo fa utilizzando principalmente il web e i social network. Ha più facce l'indagato di punta dell'inchiesta abruzzese, o meglio più profili Facebook: Pietro Andolfi, Serit Hassein, o un non ben definito generale dei carabinieri di 71 anni, uno dei fondatori di Ordine nuovo. Da una bacheca a un'altra, il Manni pensiero spazia tra il razzismo più becero e violento, e la minaccia di una nuova strage dell'Italicus. «Va fatta un'azione mirata - dice all'amico-complice Luca Infantino - È stata studiata a tavolino, eh. Fatta di cabine telefoniche, telefoni a un cellulare...e parte il grande katakum». Da un post pubblicato il 28 settembre 2013 lancia l'attacco alle alte cariche dello Stato: «Se non lo dico scoppio. Questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve iniziare la liberazione d'Italia». Il 29 ottobre: «D'ordine. Colpire tutte le sedi Equitalia con ordigni ad alto potenziale, quando i dipendenti sono dentro. Già perché Equitalia non ha un corpo e un'anima, opera (ed uccide) per mezzo dei suoi dipendenti. Diffondere». A seguire: «Se i Marò dovessero essere condannati a morte si aprirà una stagione di sangue che l'Italia non ha conosciuto neanche con i conflitti mondiali».
Scrive il gip: «In relazione agli obiettivi da colpire l'uso della terminologia mostra un'ininterrotta attività di proselitismo operata da Manni in cui lo stesso istiga gli amici a una messa in atto di azioni eversive nei confronti di personalità dello Stato, in particolar modo del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente della Camera Laura Boldrini, del senatore a vita ed ex premier Mario Monti, dell'onorevole Pier Ferdinando Casini, del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e dell'allora Ministro all'integrazione, Cecile Kyenge».
Il gruppo mostra di volersi organizzare come facevano le Brigate Rosse, «effettuando specifici servizi di pedinamento e osservazione, al fine di capire le abitudini dei soggetti da colpire, e inoltre costituirsi in cellule di 4 o 5 persone». Le armi da comprare vengono chiamate «dolciumi», e si tratta per acquistare AK-47, il kalashnikov. Il costo è di mille euro a pezzo, perché - sottolineano - «non ci si può andare di persona, altrimenti sarebbero stati sei o settecento euro». A questo si aggiungono gli immigrati «da eliminare». Due indagati ragionano sui centri di accoglienza: «Forza Nuova li ha resi pubblici, alberghi e strutture che li stanno ospitando, con loro faremo i conti dopo. Tu hai un albergo, hai giocato sulla pelle degli italiani, facendo dare 50 euro al giorno ai baluba io non ti ammazzo, ammazzo i figli tuoi affinché tu abbia un ricordo indelebile per tutta la vita». Tra gli obiettivi anche carabinieri e polizia: «Sei un poliziotto, devi morire, sei un carabiniere devi morire» si accanisce Manni. «Perché non colpire la Fornero?» chiede un indagato. Manni: «Perché non ci arrivi».
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