«Basta austerità, rinegoziamo debiti e patti

Domenica 25 Gennaio 2015
«Basta austerità, rinegoziamo debiti e patti
I programmi elettorali non sono fatti per essere applicati alla lettera. In queste elezioni greche però a domandarsi cosa faranno davvero Syriza e il suo leader Tsipras una volta arrivati nella stanza dei bottoni non sono tanto gli elettori - in larga parte ansiosi di avviare un nuovo corso - quanto piuttosto le cancellerie, le banche d'affari e i centri di analisi economica internazionale. In questa vasta ed eterogenea platea i rischi di contagio nell'area euro nel caso torni a concretizzarsi la prospettiva di un Grexit, ossia l'uscita di Atene dalla moneta unica, sono ritenuti gestibili. E c'è chi, pur avendo poco in comune con il radicale e carismatico leader, si augura che la svolta annunciata possa segnare un cambio di rotta nell'intero Vecchio continente. Non c'è dubbio che il programma definito lo scorso settembre e presentato a Salonicco punti anche simbolicamente ad un rovesciamento di cinque anni di scelte rigoriste, applicate dai governi in particolare quello attuale di centrodestra guidato da Antonis Samaras, che secondo i sondaggi sarà sconfitto . Tsipras del resto ha ripetuto che non si sente vincolato agli impegni presi dai suoi predecessori con le istituzioni internazionali. Il primo pilastro del manifesto elettorale si chiama non a caso “Affrontare la crisi umanitaria”. E comprende misure si immediato impatto: si parla di elettricità gratuita per 300 mila famiglie sotto la soglia di povertà, di sussidi alimentari per un numero analogo di nuclei senza reddito, del ripristino della tredicesima per quasi 1 milione e trecentomila pensionati che percepiscono meno di 700 euro al mese, di medicine ed assistenza sanitaria gratuite per i molti disoccupati non più assicurati, di riduzione del prezzo del gasolio da riscaldamento e da autotrazione.
Dopo l'emergenza, nel secondo pilastro Syriza si propone di attuare misure per «far ripartire l'economia e favorire l'equità fiscale». Il presupposto è che la pressione fiscale stia schiacciando la classe media: si parte con la sospensione di vari tipi di procedure coattive dello Stato verso i debitori morosi, poi ci sono l'abolizione dell'attuale tassa immobiliare unica (una specie di Imu greca, la cui cancellazione da sola vale 2 miliardi e sarebbe in parte compensata con l'imposizione sulle “grandi proprietà”), l'abbassamento della primo scaglione Irpef accompagnato da un ridisegno dell'imposta in senso progressivo, la ristrutturazione dei debiti dei privati e delle imprese.
Con il terzo pilastro l'attenzione si sposta sul mercato del lavoro, tramite la cancellazione delle regole - fortemente volute dagli organismi internazionali - che secondo Syriza hanno distrutto i diritti dei lavoratori ad esempio liberalizzando i licenziamenti. L'obiettivo - oneroso - è la creazione di 300 mila nuovi posti di lavoro. Il costo totale del programma è stimato da Syriza in 11,3 miliardi, che gli esperti economici del partito contano di recuperare attingendo a vari fondi europei e non ed intensificando la lotta all'evasione fiscale (ma sono comprese anche forme di sanatoria individuale). Il principio di fondo, al di là delle singole coperture, è che i benefici futuri di una nuova fase di crescita saranno ben superiori agli ammanchi iniziali.
Oltre a questa agenda rivolta all'interno c'è poi quella che tocca più da vicino governi e istituzioni finanziarie internazionali: in particolare l'annunciata ristrutturazione del debito. Gli strumenti individuati sono la cancellazione di una parte consistente delle passività nominali, una significativa moratoria sul pagamento degli interessi e una “clausola di crescita” per cui la restituzione del debito dovrà essere finanziata con i proventi di una ritrovata vitalità dell'economia e non attingendo all'avanzo primario del bilancio e ai conseguenti sacrifici. Gli interlocutori di questa trattativa sarebbero ovviamente gli altri Paesi europei che attraverso i vari meccanismi messi a punto negli ultimi anni (Efsf e Esm) hanno prestato alla Grecia quasi 200 miliardi di euro, su un debito totale intorno ai 320. Ci sono poi i prestiti del Fondo monetario e della Banca centrale: anche quelli gravano in ultima analisi sugli Stati che ne fanno parte. Gli impegni italiani valgono circa 40 miliardi che nel corso di questi anni sono andati a ingrossare il debito pubblico. In cifra assoluta la più esposta è la Germania con 60 miliardi, ma ragionando in percentuale al Pil quelli che rischiano di più sono Portogallo, Cipro e Slovenia. Ossia Paesi che a loro volta non se la passano proprio bene.
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